L’Homeopathy Research Institute (HRI) è uno degli enti più accreditati al mondo nell’ambito della ricerca scientifica in omeopatia. Da sempre presta grande attenzione alle ultime evidenze scientifiche e si avvale di ricercatori illustri per valutare l’attendibilità dei risultati emersi dagli studi in omeopatia. Tra i temi che suscitano particolare interesse, rientra senz’altro quello della valutazione costo-efficacia dell’omeopatia; a questo proposito l’HRI si è espresso recentemente partendo da una revisione sistematica[1], pubblicata a gennaio 2024 e firmata tra gli altri dal professor Thomas Ostermann dell’Università di Witten/Herdecke, che ha fornito una panoramica di 21 studi su questo argomento, mostrando un’efficacia clinica del trattamento omeopatico simile o migliore rispetto ai trattamenti convenzionali.
A livello di evidenza scientifica, la revisione sistematica è considerata lo strumento di verifica più autorevole. La qualità degli studi revisionati è stata valutata utilizzando l’elenco CHEC, il Consensus Health Economic Criteria List, specificamente progettato per le valutazioni economiche, in una scala di punti da 2 a 16, indicando un aumento statisticamente significativo della qualità degli studi nel corso degli anni.
In merito alla qualità della ricerca sul rapporto costo-efficacia dell’omeopatia, proprio Ostermann ha affermato: “sebbene sia migliorata nel tempo e alcuni studi di alta qualità dimostrino che può essere un’opzione conveniente, ci sono ancora molti studi condotti male che rendono difficile formulare un giudizio definitivo“.
Ad una conclusione diametralmente opposta giunge, tre mesi dopo (marzo 2024) un’analisi farmacoeconomica a firma di Hauke Leemhuis e Roland Seifert. Pur suscitando molto interesse, questo lavoro intitolato “Prescriptions of homeopathic remedies at the expense of the German statutory health insurance from 1985 to 2021: scientific, legal and pharmacoeconomic analysis“[2] è stato duramente contestato e criticato. Il lavoro, infatti, non soddisfa gli standard scientifici di base per una valutazione significativa sotto il profilo economico. L’approccio utilizzato è stato ritenuto eccessivamente semplificato e non ha adeguato i dati all’inflazione né ha confrontato i costi dell’omeopatia con quelli della medicina convenzionale nello stesso periodo.
I due autori hanno affermato che l’omeopatia è in media più costosa rispetto a nove medicinali convenzionali selezionati, ma questa conclusione si basa su un sottoinsieme di dati limitato a un singolo anno, il 2021, e presenta vari problemi metodologici, come la scelta inadeguata dei competitor (uno spray decongestionante nasale omeopatico vs. compresse di ibuprofene e paracetamolo) e l’assenza di analisi statistiche adeguate.
In conclusione, la revisione sistematica di Ostermann et al. rimane il riferimento più solido sul rapporto costo-efficacia dell’omeopatia fino a oggi, evidenziando tendenze positive basate su studi condotti in sette paesi europei. È essenziale che gli studi futuri aderiscano a rigorosi standard scientifici per fornire dati affidabili e utili sul rapporto costo-efficacia dell’omeopatia.