A Roma, nei prossimi giorni, saranno celebrati i duecento anni della comparsa dell’omeopatia in Italia. E non poteva esserci sede più adatta all’occasione se non il Museo dell’Omeopatia che con passione e competenza il dottor Francesco Negro ha avuto la sapienza e la pazienza di allestire e aprire già alcuni anni fa. E sempre al dottor Negro si deve la ricostruzione storica che ha consentito di risalire alle origini dell’omeopatia nel nostro Paese.

Origini curiose, vero dottor Negro?

“L’omeopatia nel Bel Paese è arrivata in alta uniforme asburgica. Per la precisione, arrivò a Napoli nel marzo 1821. A quel tempo una serie di moti carbonari aveva costretto Ferdinando I di Borbone a lasciare momentaneamente la città partenopea caduta nelle mani dei rivoluzionari. Vi fece ritorno all’ombra delle baionette austriache. Tra gli alti ufficiali al seguito vi era anche il generale medico che, grande omeopata del tempo, applicò e fece conoscere ai suoi colleghi napoletani le teorie di Hahnemann che subito dimostrarono la loro efficacia terapeutica.

La medicina omeopatica resta circoscritta al Regno di Napoli o si espande anche negli altri Stati italiani?

A Napoli il terreno è particolarmente fertile a recepire il nuovo che sta accadendo in medicina: i Borboni avevano introdotto la vaccinazione jenneriana contro il vaiolo già nel 1802 e già si conosceva l’efficacia della Bella Donna per combattere la scarlattina. Anche a Milano si era assistito a un primo “assaggio” di medicina omeopatica ma l’attenzione cresce quando nel 1824 vengono tradotti in italiano e presentati i primi testi di Hahnemann. Nella prima metà dell’800, quindi, l’omeopatia prende sempre più piede in Italia e, addirittura, sono i medici italiani a esportarla in Francia, Gran Bretagna e Spagna: da qui inizia il vero processo di internazionalizzazione dell’omeopatia, che fino a quel tempo era una pratica rimasta entro i confini ideali del mondo germanofono. La sua fama e la curiosità verso questa medicina crescono talmente tanto che i Borboni decidono di mandare un medico direttamente da Hahnemann per approfondirne la teoria, attingendo direttamente alla fonte”.

Stando al suo racconto l’omeopatia sembrerebbe una medicina di élite e figlia della Restaurazione.

La prima affermazione ha un fondamento: in quell’epoca tutta la medicina è soprattutto una pratica che trova nelle classi più agiate le maggiori possibilità. E l’omeopatia più di altre perché si basa su un nuovo approccio farmacologico, assai più efficace dei medicinali tradizionalmente usati dai medici del tempo. La seconda affermazione invece è errata ed è piuttosto vero il contrario: i medici erano spesso massoni e carbonari; quindi, vi è un gran numero di medici omeopati che, contemporaneamente, sono ferventi patrioti e combattenti per l’Italia unita e risorgimentale. Nel 1800 la medicina vive così una doppia rivoluzione: da una parte ci sono i carbonari che vogliono una rivoluzione per creare uno Stato unitario, dall’altra il medico che cerca una rivoluzione scientifica che soppianti una medicina ormai vecchia e stantia e che vede nell’omeopatia una grande nuova risorsa”.

Tornando all’arrivo e alla crescita dell’omeopatia, cosa succede tra il 1800 e il 1900?

“Dopo la prima metà dell’800, l’omeopatia si diffonde a macchia d’olio in tutto il Bel Paese, e anche in tutta Europa. L’omeopatia supera le frontiere tra i deversi stati italiani e si diffonde in egual misura nel Lombardo-Veneto, in Piemonte, nel Gran Ducato di Toscana, nel Regno delle Due Sicilie e persino nello Stato Pontificio dove viene utilizzata dai medici di Pio IX. Tra la prima metà dell’800 e i primi del ‘900 l’omeopatia continua la sua espansione territoriale e sociale, per subire un improvviso momento di crisi: la scoperta dei batteri fatta da Pasteur e Koch. Bisogna arrivare al 1940 con la fondazione dell’Accademia Omeopatica da parte di Antonio Negro, mio padre, che questo approccio medico trovò nuova dignità e prospettiva”.

Durante il Fascismo qual è stato il destino dell’omeopatia?

L’epoca dei totalitarismi non è stata favorevole all’omeopatia: in Germania e in Russia è stata vietata o ridotta al lumicino. L’omeopatia è una medicina che valuta l’individuo, lo considera nella sua specificità e unicità, è quindi un approccio opposto a quello dei regimi totalitari che vogliono modellare l’uomo-massa. Il Fascismo, da parte sua, tollerò malvolentieri l’omeopatia ed ebbe nei suoi confronti lo stesso atteggiamento ambiguo e ondivago che ebbe verso la massoneria (molti medici erano massoni), a seconda dei momenti più o meno repressivo. Nel dopo guerra poi l’omeopatia ha ricominciato la propria storia “alla luce del sole” e a lei si sono affidate milioni di pazienti, tra questi, persone comuni, ma anche personaggi molto famosi come Federico Fellini, Edoardo De Filippo e, addirittura un paio di Presidenti della Repubblica come Sandro Pertini e Oscar Luigi Scalfaro.

Eccoci, infine, ai giorni nostri: l’omeopatia, da molti, media compresi è assimilata al movimento no vax. Che ne pensa?

È un pensiero assolutamente sbagliato e nel mio nuovo libro lo spiego molto accuratamente: Hahnemann è favorevole alla vaccinazione e, come ho detto prima, già i Borboni vaccinavano la popolazione e introdussero l’omeopatia: non c’era alcun contrasto tra i due fatti, al contrario, c’è molta coerenza. Un medico omeopata non può essere no vax per principio. Oggi, a mio parere, ci sono due tipologie di persone contrarie al vaccino: da una parte coloro che negano il valore delle vaccinazioni in toto; dall’altra persone incredule, che temono di essere usate come cavie. La responsabilità di questo è da attribuire prevalentemente a una cattiva comunicazione: non si è saputo spiegare correttamente come funzionano i vaccini mRna.

 

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