Anna Moschitta è specializzata in piante medicinali, fitoterapia applicata e in omeopatia, oltre a essere esperta nell’uso dei fiori di Bach. In questa intervista racconta il ruolo fondamentale che i farmacisti svolgono per una corretta assistenza a tutela della salute dei cittadini.

Quale ruolo giocano i farmacisti nella relazione con il paziente?

“La farmacia è un presidio sanitario primario, insieme agli ambulatori dei medici di base e ai pronto soccorso. È un punto di riferimento a cui chiunque può rivolgersi in qualsiasi momento della giornata, sapendo che dietro il banco c’è sempre un professionista della salute che lo ascolterà e lo consiglierà.

È un ruolo diventato ancora più importante dopo la pandemia, che in alcune persone ha provocato un’eccessiva attenzione alle questioni di salute, portandole a preoccuparsi, anche per quelle di piccola entità. Come farmacisti, la nostra funzione è quella di contenere queste ansie, offrendo supporto e rassicurazioni immediate. In un contesto attuale, dove l’accesso alle cure è sempre più ridotto e rallentato, la farmacia può svolgere un ruolo fondamentale nell’offrire una corretta assistenza a tutela della salute dei cittadini. Mi sto riferendo anche a necessità non gravi, come possono essere piccole medicazioni, controlli di ferite, bendaggi e un conforto su problemi che non richiedono una visita immediata in ospedale. Spesso, sono piccoli consigli che consideriamo banali ma che possono fare la differenza. È una vera e propria assistenza quotidiana, che aiuta a migliorare la qualità della vita delle persone. Prima del 2020, le farmacie eran già considerate un presidio indispensabile e autorevole, ma la crisi sanitaria ne ha sancito l’indispensabilità, che è stata ampiamente riconosciuta, rafforzando soprattutto il legame con il territorio in cui si opera”.

Come avviene concretamente il rapporto con il paziente?

“Inizia prima di tutto dall’ascolto, la cosa più importante è dare alla persona la certezza che ci stiamo prendendo cura di lei. Questo significa far parlare e porre domande al paziente. Da questo punto di vista l’omeopatia ci può insegnare molto: mi riferisco all’approccio dell’interrogatorio omeopatico, secondo il quale si pongono una serie di domande preliminari. Chiediamo, per esempio, per chi è il farmaco, da quanto tempo sono iniziati i sintomi, in che modo migliorano o peggiorano ecc. Inoltre, cerchiamo di capire la sede, se è localizzato in una particolare funzione d’organo e come la persona lo sta vivendo. Le risposte ci aiutano a collocare cronologicamente l’esordio del problema e a determinare se è di natura cronica o acuta. Si tratta di interrogativi che poniamo quando trattiamo un paziente con l’omeopatia, ma è un approccio utile anche nella pratica tradizionale, perché rende più facile instaurare un rapporto positivo e di fiducia con la persona. Così, come professionisti della salute, riusciamo a orientarci meglio e a capire quale consiglio dare.

È un metodo di ascolto empatico e attivo, di raccolta dettagliata delle informazioni che non solo ci consente di personalizzare il trattamento, ma anche di riconoscere segnali che potrebbero venire trascurati. Svolgere bene il colloquio contribuisce significativamente all’efficacia della terapia omeopatica e del consiglio.

Ci racconta come e quando è entrata in contatto con l’omeopatia?

Il primo incontro con l’omeopatia è stato subito dopo la laurea, ma la ragione che mi ha spinto a specializzarmi deriva da una vicenda personale: mio nipote da neonato è stato colpito da una bronchiolite acuta, che lo ha portato poi a soffrire di continue bronchiti, curate con antibiotico e cortisone, ma che non si risolvevano mai del tutto. La risoluzione è arrivata solo con l’integrazione di una terapia omeopatica. Inoltre, ammetto che avvicinarmi alla medicina integrativa, ha reso il mio lavoro molto più intrigante e appassionante, in un periodo della mia vita in cui stava diventando ripetitivo, dopo già più di 10 anni di professione.

La competenza sul naturale che come farmacia offrite ai pazienti ha contribuito e contribuisce alla loro fidelizzazione?

Certamente sì, gran parte dei nostri pazienti si rivolge a noi perché sa di trovare un consiglio naturale, spesso integrato a una cura tradizionale. È una proposta terapeutica che rispetta l’equilibrio e la salute della persona. Sono esigenze molto sentite dai genitori per bambini e dalle donne in gravidanza, due tipologie di pazienti per i quali esistono pochissime soluzioni di farmaci chimici e ancora poco testate. E anche dai malati cronici che, dovendo seguire diverse terapie contemporaneamente, soffrono a causa degli effetti collaterali. Per esperienza clinica sappiamo che l’omeopatia entra nelle famiglie con i bambini, addirittura con i neonati, per aiutarli nelle coliche o nella dentizione. Il cliente/paziente che usa l’omeopatia è più fedele, sa che per l’efficacia della terapia è necessaria anche la fase di feedback da riportare al medico o al farmacista.