Qual è il suo background? Come è arrivata a lavorare nell’ambito della ricerca in omeopatia?

Ho studiato medicina veterinaria e ho conseguito un dottorato in Patologia Sperimentale all’Università di San Paolo (USP), una prestigiosa università pubblica conosciuta in tutto il mondo per la sua rilevanza scientifica. Questi studi mi hanno introdotto agli ambiti della patologia e farmacologia per i quali ho sempre sentito affinità.

 Nel 1983, da poco ammessa alla prima parte del mio corso di medicina veterinaria, ho partecipato a un convegno di omeopatia organizzato dall’associazione studentesca. È stato allora che l’omeopatia e il suo possibile meccanismo d’azione hanno stimolato la mia curiosità. Durante quel periodo ho seguito altri corsi di omeopatia, pur rimanendo autodidatta per quanto riguarda la terapia.

Dopo il dottorato, ho iniziato le prime ricerche in omeopatia mentre lavoravo come professoressa in due università private di San Paolo. È stato allora che ho incontrato due persone che si sono rivelate cruciali nell’aiutarmi a sviluppare appieno il lavoro che stavo iniziando: il Dottor Bernard Poitevin e la Professoressa Madeleine Bastide. Quest’ultima è stata per me un vero mentore nella scoperta dell’omeopatia. Incontrarla ha rappresentato una svolta nella mia carriera scientifica.

Lei studia l’attività biologica dell’omeopatia, in particolare delle alte diluizioni, a livello cellulare, soprattutto nelle cellule del sistema immunitario. Può descrivere la sua ricerca?

Inizialmente volevamo valutare gli effetti delle soluzioni omeopatiche su animali infettati da parassiti, sotto il controllo di un Comitato Etico e nel rispetto delle direttive (ancora attuali) sulla ricerca basata sulla sperimentazione animale. Utilizzando modelli sperimentali, abbiamo studiato gli effetti dell’omeopatia sul processo di infiammazione e immunomodulazione (che dal punto di vista medico comporta la modificazione delle risposte immunitarie[1]). Il nostro approccio ci ha aiutato a comprendere i cambiamenti riguardanti la forma e la funzione degli organi. Lo studio del sistema immunitario nel suo complesso ci ha portato formulare ipotesi relative ai cambiamenti cellulari e molecolari, andando oltre la semplice caratterizzazione dei sintomi. Inoltre, queste ipotesi sarebbero state incomplete se ci fossimo concentrati su un unico parametro. 

Man mano che il nostro lavoro procedeva, le nostre domande richiedevano risposte sempre più precise e abbiamo iniziato a lavorare con cellule isolate. Sono stati condotti diversi studi con una linea di macrofagi, un tipo di globuli bianchi, infettati da vari agenti patogeni. In questa fase è stato possibile studiare le variazioni della loro attività in relazione ai trattamenti.

Il mio lavoro si è concentrato sul parassita Leishmania amazonensis, causa della leishmaniosi, un gruppo di malattie parassitarie che causano disturbi cutanei o viscerali invalidanti molto frequenti nei climi tropicali. Questa ricerca è stata oggetto di numerose pubblicazioni e relazioni in conferenze internazionali, organizzate principalmente dall’HRI (Homeopathy Research Institute) nel 2013 o dall’ECH (European Committee for Homeopathy) nel 2019. L’argomento ha suscitato molto interesse da parte dei medici omeopati e dei non omeopati.

Attualmente stiamo lavorando su un nuovo campo di ricerca fondamentale che ha un grande potenziale di applicazione pratica: l’omeopatia ambientale. Utilizziamo organismi acquatici, in particolare micro-crostacei che non provano dolore, piacere o altre emozioni (detti anche non senzienti) come modello alternativo all’utilizzo degli animali vertebrati. Questi organismi hanno caratteristiche molto interessanti e sono particolarmente sensibili all’omeopatia. Utilizzando questi modelli, siamo in grado di identificare cambiamenti funzionali o comportamentali durante i trattamenti omeopatici. Ad esempio, abbiamo dimostrato che l’omeopatia migliora l’adattamento dei micro-crostacei al loro ambiente, fenomeno che io chiamo “bioresilienza[2]. 

Questo metodo è applicabile anche a diversi sistemi biologici quali le piante e i microrganismi.  Man mano che la mia ricerca progredisce sono sempre più convinta del potenziale dell’omeopatia nel ridurre i problemi ambientali.

Cosa pensa del futuro della ricerca in omeopatia?

Ritengo che possano essere esplorati numerosi campi di applicazione: l’azione su trattamenti fitosanitari, la riduzione della resistenza antimicrobica, la produzione di alimenti sicuri e di elevata qualità, così come lo sviluppo di tecniche di agricoltura sostenibile. L’omeopatia è in completa armonia con il modello “One Health” della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che promuove un approccio integrato, sistemico e unificante alla salute pubblica, animale e ambientale.

Infine, per quanto riguarda la ricerca in omeopatia, credo che una maggiore interazione tra la ricerca fondamentale e quella clinica (sull’uomo o in ambito veterinario) possa portare in futuro a progressi significativi.

[1] https://www.universalis.fr/dictionnaire/immunomodulation/

[2] Nagai MYO, Von Ancken ACB, Bonamin LV. Effects of Highly Diluted Substances on Aquatic Animals: A Review. Water Journal. Special Edition 2022: 1-10. doi: http://dx.doi.org/10.14294/WATER.2022.S11