L’omeopatia in farmacia può rappresentare una leva strategica che risponde ai bisogni dei cittadini. È il caso della Regione Toscana, che integra da vent’anni l’omeopatia nei LEA e valorizza la formazione dei professionisti della salute, in particolare di farmacisti, a garanzia della libertà di scelta terapeutica. Ce ne parla Salvatore Ingrosso, Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Lucca e della Consulta Regionale dei Farmacisti della Toscana, con uno sguardo al futuro e alle opportunità per i pazienti e per la professione.
L’omeopatia nei LEA: una scelta di rispetto e competenza
Da circa vent’anni la Toscana ha incluso stabilmente l’omeopatia nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). “Tutto nasce dalla Legge Regionale n. 9 del 2007 – spiega Salvatore Ingrosso – che stabilisce, oltre al principio di libertà di cura del medico in adesione ai principi del codice di deontologia medica, anche quello di scelta terapeutica del paziente, creando liste ufficiali di medici e farmacisti esperti in medicine complementari, tra cui l’omeopatia”.
Nella Regione, inoltre, esistono ambulatori dedicati alle medicine non convenzionali in regime SSN, anche se le cure sono a carico del paziente. “Ma è fondamentale che a prescrivere o consigliare siano professionisti qualificati: serve competenza, rigore e responsabilità”.
Un protocollo strutturato per formare farmacisti esperti
Il punto di svolta arriva nel 2015, con il Protocollo d’Intesa tra la Regione Toscana e la Consulta degli Ordini dei Farmacisti, che definisce un percorso formativo di due anni, per un totale di 100 ore. Il modello formativo organizzato in questi anni è ben strutturato: “Il programma prevede lezioni frontali, seminari, studio individuale e una tesina finale. Chi supera l’80% delle presenze e l’esame, ottiene il titolo di farmacista esperto in medicine non convenzionali, riconosciuto dalla Regione”, racconta il Presidente Ingrosso. “In qualità di presidente della Consulta, ho condiviso il progetto con i colleghi di tutte le province. Una commissione si riunisce tutti gli anni per valutare le richieste. La formazione non è solo un obbligo di legge, definito dal sistema di Educazione Continua in Medicina (ECM) e un dovere deontologico, professionale e giuridico per tutti i professionisti sanitari iscritti agli Ordini, incluso l’Ordine dei Farmacisti, ma è anche una leva per qualificare la professione”.
Una crescita continua: numeri e geografia degli iscritti al programma
Il percorso di formazione per farmacisti esperti in omeopatia ha registrato, negli ultimi quattro anni, una partecipazione crescente e sempre più distribuita a livello nazionale. Dal 2022 al 2025 sono stati complessivamente 254 i farmacisti iscritti, con un picco di 76 partecipanti nel 2023 e un andamento che conferma l’interesse costante, anche al di fuori della Regione.
Ovviamente la Toscana resta il baricentro storico, ma l’interesse si sta espandendo in modo significativo in regioni del Nord e del Centro Italia, in particolare Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia. L’incremento costante tra il 2022 e il 2024, con una media annua di circa 70 iscritti, testimonia la crescente consapevolezza sull’importanza della formazione certificata in omeopatia.
Il 2025, con 68 iscritti già confermati a metà anno, potrebbe chiudersi su numeri simili o superiori: “Alla fine – sottolinea il Presidente Ingrosso – i numeri parlano da soli. Abbiamo cominciato con i farmacisti toscani, ma oggi i colleghi arrivano da tutta Italia. Questo significa che c’è fiducia, viene riconosciuto il valore e questo titolo ha un significato anche nella professione quotidiana. È una carta che i colleghi possono giocarsi per la loro professione”.
Omeopatia in farmacia: il valore del farmacista
Secondo il Presidente Ingrosso, essere un farmacista esperto in omeopatia non è solo un riconoscimento formale, ma una risorsa concreta. “Ogni giorno i farmacisti si confrontano con pazienti che chiedono consigli sui medicinali omeopatici, che sono informati e consapevoli della propria scelta terapeutica. È inaccettabile farsi trovare impreparati perché la mancanza di conoscenze può compromettere la relazione di fiducia con il cliente”.
L’esperienza insegna che la competenza fidelizza: “Chi trova un farmacista preparato, torna. E lo fa non solo per acquistare, ma per affidarsi. Per questo, avere in farmacia un professionista formato rappresenta un vantaggio competitivo e relazionale. In un mercato con carenza di farmacisti, il titolo può avere anche un impatto sulla valorizzazione professionale e retributiva”.
Un modello ispirazionale
Alla domanda se il modello toscano possa essere replicato in altre regioni per l’Omeopatia in farmacia, il Presidente Ingrosso risponde con cautela: “Dal punto di vista normativo sì, ma manca la volontà politica e spesso anche culturale. Serve un’azione coordinata tra ordini, istituzioni sanitarie e sindacati professionali, che al momento, non è diffusa ancora. Il problema non è economico perché i costi restano a carico del paziente, ma di sensibilità istituzionale”.
Un freno importante arriva anche dal mondo accademico. “Le università italiane non offrono una formazione adeguata in omeopatia. I giovani laureati spesso non conoscono neanche i principi di base. Questo li allontana da una medicina che, invece, richiede preparazione e apertura. Oggi dobbiamo lavorare per recuperare fiducia nel mondo universitario, promuovendo la formazione post-laurea”.
Una visione olistica per la farmacia dei servizi
L’esperienza nella medicina omeopatica può rivelarsi cruciale anche per il futuro della farmacia come presidio sanitario. “Con l’introduzione dei cosiddetti servizi cognitivi, come la ricognizione terapeutica e l’aderenza alle cure, il farmacista dovrà possedere una visione olistica del paziente, non solo nozioni tecnico-specialistiche”.
Secondo il Presidente Ingrosso, chi ha affrontato un percorso formativo in omeopatia sarà avvantaggiato: “Il farmacista deve saper leggere l’insieme della persona, non solo i farmaci prescritti. L’approccio integrato, centrato sulla persona, è uno dei grandi insegnamenti che la formazione in omeopatia offre”.
Il modello toscano dimostra che è possibile integrare l’omeopatia valorizzando il ruolo del farmacista come professionista vicino al cittadino. Serve però una visione ampia, culturale e istituzionale, per diffondere buone pratiche anche oltre i confini regionali. “Non si tratta di contrapporre le medicine – conclude il Presidente Ingrosso – ma di offrire opportunità terapeutiche concrete e consapevoli. La Toscana ci ha creduto”.