La Regione Toscana è considerata all’avanguardia nel campo dell’integrazione dell’omeopatia e delle medicine complementari all’interno del Servizio sanitario pubblico. Da più di 20 anni il Sistema Sanitario regionale, infatti, ha introdotto le cure complementari nei propri piani sociosanitari. L’esempio più significativo, in tal senso, riguarda l’ambulatorio omeopatico di Lucca che, nato come progetto pilota nel 2002, è diventato oggi una struttura di riferimento per l’omeopatia regionale e non solo. L’esperienza toscana ha dimostrato l’efficacia di un approccio integrato, definendo dei parametri che si potrebbero estendere anche a livello nazionale.
Abbiamo chiesto al Dottor Elio Rossi, responsabile dell’ambulatorio lucchese, di raccontarci il percorso intrapreso e di spiegarci i vantaggi e l’efficacia di un approccio integrato, basandosi sulla sua esperienza.
Come nasce e come funziona l’ambulatorio di Lucca?
Quella del nostro ambulatorio e in generale della presenza delle cure complementari all’interno della Sanità Toscana è una storia che dura da più di 20 anni e che ha vissuto tante tappe significative e di evoluzione, prima di arrivare alla realtà odierna.
Già dal 1996 i piani sanitari regionali includevano le cure complementari (agopuntura, fitoterapia, omeopatia, medicina manuale) nei programmi per la salute, con una progressiva integrazione nel servizio sanitario regionale.
In quel periodo vi era un terreno ideale per questa integrazione in quanto ben il 20% della popolazione già si avvaleva di cure complementari, di cui più della metà utilizzava in particolare l’omeopatia.
C’era quindi una predisposizione all’accoglienza di certe tematiche e c’era la volontà di governare questo fenomeno, garantendo standard di sicurezza definiti, oltre a consentire l’accesso a queste cure a una più ampia fetta di popolazione.
Nel settembre 1998 nasce l’ambulatorio di omeopatia dell’ospedale Campo di Marte di Lucca.
Nel 2005 le medicine complementari vengono inserite nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) regionali, permettendo ai cittadini toscani di avvalersi di strumenti di cura che, seppure acquistati personalmente e non rimborsati, possono essere prescritti da medici del servizio sanitario toscano (Ssr). Grazie ai Lea il prezzo delle visite è analogo a quello previsto per le altre visite del Ssr, con gli stessi criteri di esenzione dei ticket sanitari – per reddito o per patologia – adottati per la medicina tradizionale.
Più di recente, altre regioni si sono mosse sulla stessa linea, in particolare per quanto riguarda i servizi di oncologia integrata: l’ospedale di Merano (BZ) e il Gemelli di Roma.
Tra il 2005 e il 2012 abbiamo vissuto un periodo d’oro, di forte crescita di queste tematiche, che ci ha permesso di fare molti passi avanti. A questa dose di fortuna si sono aggiunti l’impegno e la costanza di tutti i medici che hanno creduto e voluto che le medicine complementari venissero introdotte a pieno diritto nelle cure erogate dal sistema sanitario.
La prima grande difficoltà è stata costruire un “contenitore”. Nel settore pubblico il medico per essere assunto deve partecipare ad un concorso; nel nostro settore invece non esiste un concorso dedicato. Quindi è stato creato un contenitore con contenuti dedicati per coloro che seguono e scelgono l’integrazione.
Un’altra tappa molto importante è stata la Legge Regionale n. 9 di riconoscimento della formazione in Medicine Complementari (agopuntura, fitoterapia e omeopatia) del 2007 e, successivamente, la sigla dell’accordo Stato-Regione del 2013, che consente di avere una qualifica di medico esperto, riconosciuta dall’ordine: cosa pensata, voluta e creata dal settore delle Medicine Complementari (MC) in Toscana. Il lavoro istituzionale era però cominciato nel 1996 con i vari specialisti delle MC che si sono uniti, costituendo un gruppo di lavoro dedicato, riuscendo a far includere le Medicine Complementari nel piano sanitario regionale.
In Toscana esistono oggi, presso gli ospedali, 112 punti di erogazione di medicina integrata, 77 dei quali – insieme a 12 di omeopatia – sono pubblici a tutti gli effetti: il paziente può accedere a cure complementari in modo diretto, senza prescrizione medica e a volte a titolo gratuito.
Quali sono gli ambiti specialistici dove maggiormente adottate un approccio integrato?
Abbiamo lavorato e lavoriamo con l’omeopatia in vari ambiti. I principali sono il trattamento del dolore, soprattutto pediatrico, la prevenzione e cura delle malattie ricorrenti delle alte vie respiratorie, la gravidanza e il parto, le allergie.
La pediatria è sicuramente uno dei principali ambiti. In Toscana, infatti, circa un quarto dei bambini venivano già curati con medicine complementari e di questi il 90% con l’omeopatia.
Abbiamo anche tanti specialisti ambulatoriali che si occupano di accompagnamento al parto: molte ostetriche ricorrono per esempio alla medicina cinese e trattamenti omeopatici per aiutare la donna in gravidanza a gestire il dolore.
Nel caso di Lucca, svolgiamo un’attività specifica dedicata ai pazienti oncologici; a oggi ne abbiamo seguiti quasi 900. Nel nostro centro ricorriamo a omeopatia, fitoterapia e agopuntura, in integrazione alla medicina tradizionale, per ridurre effetti importanti che diversamente richiederebbero un ulteriore intervento farmacologico. Ridurre effetti avversi aiuta il paziente ad avere continuità e proseguire nella cura (compliance) e a mantenere la fiducia nei medici curanti.
Nel novembre 2021 è uscito un PDTA (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) della medicina integrata per il paziente oncologico, nel tentativo di definire i campi di applicazione e quali medicine complementari usare. Questo PDTA rappresenta i principi generali dell’utilizzo della medicina integrata in campo oncologico. In precedenza, era stato approvato il PDTA del tumore alla mammella, che conteneva già numerosi riferimenti al possibile utilizzo delle medicine complementari.
Quali sono i vantaggi delle cure complementari nel trattamento dei pazienti?
In termini di efficacia, nei pazienti oncologici è netto il loro miglioramento quando alla terapia farmacologica abbiniamo cure complementari per ridurre gli effetti avversi.
In generale, comunque, non solo in campo oncologico, l’approccio integrato permette di migliorare lo stato di salute delle persone, di ridurre il ricorso ai farmaci, agli esami specialistici e ai ricoveri, con un conseguente “risparmio” sui costi sanitari pubblici.
I vantaggi esistono e sono stati misurati. Esiste, per esempio, un lavoro di monitoraggio su pazienti affetti da disturbi respiratori – asma, allergie in genere e infezioni delle vie aeree superiori (tipiche nei bambini) – in cui sono stati misurati i consumi di farmaci nell’anno precedente l’ingresso in terapia e nei due anni successivi. Dallo studio[1] si evidenzia una riduzione complessiva dell’uso dei farmaci del 48% tra il primo e il secondo anno.
È stato poi inserito un gruppo di controllo, non curato con omeopatia, e si è verificato come in questo caso l’uso dei farmaci e di conseguenza la spesa farmacologica aumenti nel tempo.
Un risultato analogo si è ottenuto anche in categorie terapeutiche non specifiche, dove oltre ai farmaci usati per la terapia se ne usano altri per ridurre gli effetti collaterali. Riducendo gli uni si riducono anche gli altri. Nel caso dell’asma, per esempio, con l’impiego di una terapia integrata la riduzione dell’uso del farmaco arriva fino al 70%.
In uno studio[2] realizzato in collaborazione con l’ospedale Sant’Anna di Pisa, non solo è stata registrata una diminuzione della spesa farmacologica, ma è diminuito anche il ricorso a visite ed esami specialistici e i ricoveri. La riduzione del ricorso al farmaco ha certamente un vantaggio anche economico.
La ricaduta positiva dell’approccio integrato potrebbe essere valutata anche con parametri definiti sul lungo periodo, poiché abbiamo evidenziato che le persone che seguiamo sono portate ad adottare stili di vita più salutari, con un conseguente vantaggio sul loro stato di salute generale e sull’aspettativa di vita.
Possiamo dunque affermare che, nel corso di questi 20 anni, a parità di bilancio per quanto riguarda i fondi regionali, abbiamo ottenuto risultati positivi nel trattamento a costi ridotti e siamo in grado di offrire una risposta a tutti quei pazienti che non trovano nella medicina tradizionale una cura adeguata ai loro sintomi. Ricordiamo che, nel nostro ambulatorio, circa il 70% dei pazienti si rivolge a noi dopo aver già utilizzato terapie convenzionali, rivelatesi nel tempo non efficaci o con insostenibili effetti avversi.
Siete un modello da prendere a esempio.
Sarebbe bello se la nostra esperienza potesse estendersi in tutto il territorio nazionale e all’estero. Attualmente alcuni ambulatori e reparti ospedalieri pubblici hanno adottato il nostro modello.
C’è chi critica le scelte della Regione Toscana, trattandosi di attività “senza evidenza scientifica”. Lei cosa risponde?
Le scelte fatte in Toscana, anche di tipo politico, sono quelle di governare un fenomeno crescente. All’epoca in cui è partito il progetto, già il 20% della popolazione ricorreva alle medicine complementari; si presentava quindi la necessità di regolamentarne l’uso.
Esiste un mondo sanitario convenzionale, non indifferente alla medicina non convenzionale, ma che non la conosce e dunque non ne fa uso. Bisogna imparare a dialogare con questo mondo, questa è l’idea di base della Toscana sulla quale poggiano le scelte fatte in questo ventennio.
Per quanto riguarda l’omeopatia, ci sono state molte contestazioni affinché venisse tolta dal sistema sanitario. Il pregiudizio nei confronti dell’omeopatia è cresciuto nel tempo, ma le evidenze le troviamo nel lavoro quotidiano del medico e nella soddisfazione del paziente che trae beneficio dalle cure complementari e dall’approccio integrato.
[1] E. Rossi, L. Crudeli, C. Endrizzi, D. Garibaldi, Cost-benefit evaluation of homeopathic versus conventional therapy in respiratory diseases, in Homeopathy, 2009.
[2] L. Leone, M. Marchitiello, M. Natilli, M.F. Romano, Measuring the effectiveness of homeopathic care through objective and shared indicators, in Homeopathy, 2011.