Si è conclusa solo qualche giorno fa l’ultima edizione del Congresso Nazionale della Federazione Italiana Associazioni e Medici Omeopati (FIAMO). Scopriamo con il dottor Bruno Galeazzi, Presidente FIAMO, quali sono stati i temi al centro dell’evento, che ha spaziato dalla ricerca di base, a riflessioni epistemologiche e umanistiche, alla clinica, in ambito umano e veterinario.
Medici omeopati di tutta Italia hanno presentato le loro esperienze cliniche, i progetti di ricerca, le analisi e le riflessioni che ne sono derivate. Ci racconta alcuni dei momenti più rilevanti?
Gli stimoli e gli spunti sono stati molteplici. Le relazioni hanno spaziato dalla metodologia, dall’impiego dell’omeopatia per la salute umana e a uso veterinario, arrivando fino all’agro-omeopatia.
Una presentazione particolarmente coinvolgente ha fatto riferimento al mito di Prometeo: ci si potrebbe chiedere cosa c’entra con l’omeopatia, ma riflettendo sulle dinamiche dell’essere umano e del suo vissuto interiore c’entra moltissimo con la medicina, con il medico, con il malato e con l’omeopatia. Nel mito, infatti, si ritrova la rappresentazione dell’essere umano, del suo vissuto interiore. Un’analogia che risuona profondamente sia nel paziente che nel medico, richiamando l’importanza di considerare la persona nel suo complesso, al di là dei “semplici” sintomi. Come medici, dobbiamo essere formati a comprendere e riconoscere la complessità psicologica e psicosomatica di ogni individuo, evitando di fare un semplice elenco meccanicistico dei sintomi che presenta il paziente e trovando di conseguenza una soluzione terapeutica che si riduce all’eliminazione dei sintomi, trascurando l’unità psicosomatica dell’individuo e il senso stesso della malattia. Per questo motivo ritengo che il riferimento al mito di Prometeo sia stato molto propedeutico e significativo.
Un ulteriore momento, particolarmente apprezzato, che ha aggiunto vivacità al confronto, è stato quando i diplomati degli ultimi cinque anni delle scuole FIAMO hanno presentato le loro tesi di diploma.
Con trent’anni di storia, la FIAMO sta seguendo e sostenendo anche un rinnovamento generazionale. Si è pensato di istituire un premio per la migliore tesi di diploma, invitando gli studenti, giovani medici e giovani farmacisti, delle scuole di omeopatia a partecipare. Le tesi sono state valutate non solo per i contenuti e la loro rilevanza, ma anche per la qualità della presentazione congressuale. Le otto tesi presentate, che hanno spaziato dal campo della medicina umana a quella veterinaria, hanno rappresentato un utile scambio tra le diverse generazioni di professionisti della salute.
C’è stata anche una sezione in cui sono stati presentati i risultati di alcuni progetti di ricerca, finanziati tramite i fondi per la ricerca raccolti da FIAMO con il 5permille.
A ogni relatore selezionato nel bando abbiamo voluto affiancare un tutor per ottimizzare e revisionare la presentazione e i suoi contenuti. Penso che queste siano basi solide per costruire una comunità medico-scientifica collaborativa, capace di riconoscere il valore aggiunto del confronto per una crescita partecipativa. È stato un esperimento apprezzato che intendiamo ripetere per le prossime situazioni congressuali.
Riguardo alla tematica della ricerca in omeopatia, un’idea emersa durante il Congresso, è stata quella di pensare a mettere assieme risorse economiche e strategie di ricerca nel contesto nazionale; in questo senso sarà fondamentale metterci maggiormente in comunicazione anche con i centri di ricerca internazionali, in modo tale da accordarci su quali siano gli ambiti a cui dare priorità e agire in modo congiunto.
“Implausibile: quando la biologia non spiega tutte le dinamiche della vita” è il titolo del suo intervento. Ce ne parla?
Il titolo potrebbe sembrare provocatorio, ma riflette una visione molto realistica; implausibile sappiamo essere la critica più diffusa nei confronti dell’omeopatia.
Sono partito dallo spunto fornito da un articolo di John P. A. Ioannidis, medico epidemiologo greco-statunitense, il quale afferma che, secondo le leggi della fisica, i principi e il meccanismo d’azione dell’omeopatia risultano implausibili. Ma se si allarga la visione, bisogna chiedersi innanzitutto se la vita, come la sperimentiamo quotidianamente può essere completamente spiegata dalla biologia convenzionale, fondata sulla fisica e sulla chimica classica, o se invece la sfida.
Un contributo interessante a questa riflessione proviene da Hans-Peter Dürr, fisico teorico e direttore del Max-Planck-Institut per oltre un decennio. Nel libro “A Physicist Ahead of His Time” di Herbert Fröhlich, Dürr evidenzia il percorso seguito dalla fisica nel comprendere la realtà come un’entità inseparabile e interconnessa e come essa sia in contrasto con l’evoluzione seguita dalla biologia, che si è orientata verso una visione molecolare della vita, ignorando le scoperte della fisica moderna. Afferma Dürr, è sorprendente notare che i biologi non sembrano trarre vantaggio dalle conoscenze di quest’ultima, che invece potrebbero essere estremamente utili per spiegare i fenomeni che osservano.
Giuliano Preparata, fisico teorico, in una pubblicazione (già vent’anni fa), ha evidenziato chiaramente come la biologia molecolare tenti di spiegare le dinamiche della vita concentrandosi esclusivamente sulle interazioni a breve raggio all’interno della cellula, trattandole come processi diffusivi casuali. Auspicava che la biologia ampliasse la visione della vita e incorporasse le dinamiche quantistiche.
Tornando alla questione dell’implausibilità del meccanismo d’azione dell’omeopatia, le osservazioni sperimentali degli ultimi anni hanno fornito prove sostanziali, che vanno oltre questa visione. Infatti, le analisi dei farmaci omeopatici, tramite strumenti come la risonanza magnetica e la spettrofotometria, rivelano dinamiche che possono essere spiegate, soprattutto all’interno del contesto delle ipotesi, con le teorie quantistiche, che danno plausibilità all’omeopatia.
Anche sul sito dell’Istituto di Medicina Complementare dell’Università di Berna, Stephan Baumgartner e Alexander Tournier hanno riassunto le evidenze scientifiche riguardanti la ricerca fondamentale e il meccanismo d’azione, sostenendo che esse non confutano l’ipotesi di una dinamica quantistica nel meccanismo d’azione, confutando invece la tesi dell’implausibilità.
Il prossimo passo sarà valutare se il meccanismo d’azione dell’omeopatia possa essere pienamente spiegato all’interno di una cornice teorica che considera come fondamentali le dinamiche quantistiche. Al momento, tuttavia, non possiamo trarre conclusioni definitive e rimangono, quindi, delle ipotesi aperte.
Concludendo, quando una teoria non riesce a spiegare tutti i dati osservati, è necessario chiedersi cosa manca alla teoria e pertanto, nel formulare ipotesi e nuove teorie, è essenziale basarsi sulla realtà sperimentale.
Ci sono stati altri argomenti significativi trattati nella due giorni di congresso?
A margine del Congresso, ma sicuramente un evento centrale per la sua importanza, è stata la riunione della Conferenza di Consenso in cui sono stati comunicati e poi discussi i risultati di una prima fase di confronto epistemologico tra le Scuole del Dipartimento Formazione di FIAMO; a duecento anni dalla nascita l’omeopatia si sono infatti susseguite varie scuole di pensiero e di pratica clinica e fare un bilancio su questo aspetto ci è sembrato significativo. Quanto emerso indica che sui principi basilari esiste un accordo e un consenso diffuso.
Un’ultima riflessione?
Riflettendo sul testo fondamentale della teoria e del metodo omeopatico, Hahnemann intitola la sua opera“organon della medicina” o “organon dell’arte razionale di guarire”.
Nella sua impostazione, si può intravedere una precoce attenzione che abbraccia in modo completo e senza omissioni tutto ciò che costituisce l’universo della medicina e della cura del malato, per il quale si fa ricorso a tutte le risorse disponibili per curarlo in modo razionale, sicuro, rapido, e duraturo. Ovviamente il fulcro attorno a cui ruota l’impostazione teorica e pratica è il principio terapeutico di similitudine. Il pensiero di Hahnemann è progressivo e contemporaneo, sebbene formulato a inizio Ottocento, e contiene intuizioni che hanno aperto nuove strade per la ricerca medica o che sono state confermate dalla ricerca contemporanea. E questo per noi è di grande ispirazione.