Asimmetria conoscitiva e condivisione, le doti complementari del medico moderno
Dottor Varrasi come è cambiato, se è cambiato, il rapporto medico-paziente nella sua esperienza quotidiana?
Dal mio punto di vista c’è un punto fermo sul quale non si può derogare e, contemporaneamente, un atteggiamento nuovo che è importante i medici sappiano mettere in campo. Il punto fermo è quello della asimmetria di conoscenza. Su questo punto non ci può essere discussione: il medico ha una competenza che il paziente non ha. Come io non ho competenza giuridica o ingegneristica, così il paziente non ha competenza medica, per quante cose possa aver letto. Quindi la terapia – ad esempio – la decido io medico, sulla base dei miei studi e delle mie esperienze. E non ci può essere negoziazione. Però, e questo è il secondo punto, il medico è tenuto a condividere con il paziente il percorso, il ragionamento, le motivazioni che lo hanno portato a formulare una determinata diagnosi e una conseguente terapia. Il medico deve quindi imparare a comunicare in modo il più chiaro possibile. È questa una condizione fondamentale sulla quale costruire la propria autorevolezza. Proprio come con l’avvocato: io posso decidere se intraprendere una causa giudiziaria, ma la mia decisione sarà guidata e influenzata dall’avvocato con cui mi confronto. Se ho compreso quanto mi ha detto, l’ho percepito come autorevole e preparato seguirò il suo consiglio. Una terapia non la si negozia, ma la si spiega. E se si è stati autorevoli e chiari, il paziente la seguirà con convinzione.
È finita, insomma, l’era del medico-mago
Sì è finita, perché è finita l’epoca del paziente che si affida fideisticamente al medico-mago. In realtà un po’ di “magia” continua a essere importante, o meglio, parlerei di fiducia più che magia: se dico a un genitore che fra 3 giorni al bimbo usciranno delle macchie, che è la sesta malattia e non c’è da preoccuparsi, se ciò accade davvero la fiducia del mio paziente nelle mie parole crescerà. Ma non c’è nulla di magico in ciò: è semplicemente frutto di conoscenza e esperienza. E lui è stato coinvolto nel processo e questo gli consentirà in futuro di chiedere il mio intervento quando questo sarà davvero necessario. Si tratta di un miglioramento importante in cui un ruolo decisivo lo ha avuto la pediatria di libera scelta – cioè l’introduzione di quello che possiamo definire il “pediatra di base”. Perché è chiaro che, se il mio reddito non dipende dal numero di visite che faccio, mi conviene condividere con i pazienti una porzione del mio sapere per evitare loro di ricorrere a me quando non è necessario. Oggi, quindi, per questo e per questa crescita anche culturale, il rapporto medico paziente è cambiato radicalmente. Quello che proprio non può più reggere, per fortuna, è il medico che non spiega, che sentenzia in modo apodittico. Il paziente deve sentirsi coinvolto e deve capire. Per noi pediatri questo cambiamento è forse stato facilitato: i nostri pazienti non decidono, qualcun altro decide per loro e quindi chi decide per un’altra persona deve capire e avere tutti gli elementi per poter prendere la decisione che ritiene migliore.
In questa sua esperienza trova spazio anche l’omeopatia? Come reagiscono i suoi pazienti?
Da qualche tempo, ma devo dire da poco tempo, ho iniziato a interessarmi all’omeopatia. È merito della dottoressa Lorenzetti, collega pediatra con la quale condivido una quota consistente della mia esperienza professionale, se mi sono approcciato a questo mondo. E devo ammettere che lo sto scoprendo come molto interessante e utile. Preferisco dire che sto studiando e utilizzando, quando li ritengo efficaci, alcuni farmaci omeopatici, piuttosto che dire che ho abbracciato l’omeopatia: nel mio approccio non c’è nulla di filosofico, ma di molto pratico e scientifico. Quando trovo un farmaco che dagli studi e dalla mia esperienza risulta efficace in determinati casi, vi faccio ricorso esattamente come faccio per qualsiasi farmaco “classico”. Anche in questo caso nulla di fideistico. E per i pazienti – o meglio i genitori dei miei piccoli pazienti – funziona esattamente come dicevo prima: rendendo esplicito il ragionamento che mi ha portato a determinate scelte terapeutiche i genitori seguono i miei consigli, grazie alla fiducia e all’autorevolezza che mi sono conquistato in anni di professione. In altri termini, i farmaci omeopatici rappresentano un’ulteriore componente della mia “cassetta degli attrezzi”, un’altra risorsa terapeutica.
Un’ultima curiosità: Pediatria On Line cosa rappresenta? E allo stesso modo, MAMMAePAPA.it?
Sono due esperienze che mi hanno dato e mi danno moltissima soddisfazione e nascono dallo stesso approccio di cui abbiamo parlato fin qui: la condivisione e la comunicazione come strumenti di straordinaria efficacia medica. Il primo è un network tra pediatri nato negli anni 90, una vera community in cui ci si confronta sui casi, si discute e chi ha soluzioni da proporre si fa avanti. È una bella realtà perché qui nessuno di noi ha l’obiettivo di emergere, si ragiona insieme per l’interesse di tutti. Il secondo invece, come dice il titolo, si rivolge ai genitori perché possano rivolgere domande in totale libertà e trovare un luogo dove capire meglio quello che è utile per i loro bambini. Entrambe queste realtà dimostrano che la rete può essere uno strumento di crescita culturale, anche su un fronte complesso e specialistico come la medicina. Anche questo contribuisce, nel bene, a cambiare il rapporto medico-paziente.