Stiamo assistendo al fenomeno delle cosiddette “malattie emergenti”, malattie cioè la cui diffusione inizia a crescere con una dinamica superiore a quella che le nostre conoscenze consentivano di prevedere. Si tratta di malattie indotte da patogeni sconosciuti o, a volte, da patogeni noti, ma che si diffondono in zone in cui in precedenza non erano attivi. Un caso particolarmente noto è stato quello del virus Chikungunya, portato in alcune aree italiane dalla cosiddetta Zanzara Tigre, un insetto sconosciuto alle nostre latitudini, ma “importato” dall’Asia. Altro esempio è quello della leishmaniosi canina, che fin a qualche tempo fa si riteneva proprio delle aree del sud ma che, probabilmente con lo scaldarsi del clima, ha ampliato la propria area d’azione. Se questi sono i casi più gravi e famosi e ormai sotto controllo, è però vero che il fenomeno non si esaurisce qui. Ci sono altre malattie che, senza balzare agli onori della cronaca, arrivano nelle nostre case. Si presentano spesso come asintomatiche, oppure con forme più evidenti, ma non particolarmente gravi. In ogni caso sottovalutarle sarebbe estremamente rischioso e miope. Abbiamo chiesto al dottor Francesco Laganà, medico di famiglia attivo a Reggio Calabria, studioso dell’argomento, di parlarcene.

Dottor Laganà, cosa si intende per malattie emergenti?

Si definiscono malattie emergenti o nuove quelle causate da patogeni sconosciuti che si sviluppano a causa della globalizzazione, delle migrazioni e della deforestazione, e il più delle volte vengono trasmesse da insetti o animali, come per esempio le zanzare. L’incidenza di queste patologie non è particolarmente elevata ed è ancora circoscritta a determinate aree geografiche. Anche i sintomi, in linea di massima, sono contenuti; queste malattie molte volte sono asintomatiche oppure si manifestano con sintomi influenzali lievi.

Quali sono le caratteristiche delle malattie emergenti?

La globalizzazione e le migrazioni hanno portato molti più insetti in Europa da Asia e Africa, soprattutto al Sud, dove il clima è più caldo. Non possiamo però definire il fenomeno come territoriale: le larve prolificano anche in prossimità di coltivazioni di riso o piccoli laghi, sicuramente hanno meno possibilità in Europa settentrionale, dove il clima è più rigido. Queste malattie possono causare sintomi influenzali, dolori muscolari o articolari, cefalee, dolori oculari e congiuntiviti, ma anche problemi gastrointestinali e, nei casi gravi, forme emorragiche e altre complicazioni. Spesso le malattie emergenti sono virus a RNA, come il Sars CoV 2 e l’Ebola, e devono essere studiati approfonditamente in diversi individui per capirne bene la portata, analizzando il comportamento della malattia in chi, ad esempio, ha patologie pregresse o nelle donne in gravidanza. In questo, l’Europa si sta impegnando molto: i sistemi di monitoraggio progettati consentono di seguire l’andamento dei diversi virus in tutti gli Stati, anche nelle comunità più piccole.

Essendo malattie virali come possono essere combattute?

Sia nell’omeopatia sia nella medicina tradizionale non ci sono terapie specifiche per questo tipo di malattie, come abbiamo imparato dalla pandemia COVID-19. Di solito, nei casi sintomatici lievi vengono prescritti i FANS, come ibuprofene o paracetamolo, mentre gli antibiotici vengono indicati solo in caso di complicanze. Il trattamento omeopatico dalla sua ha la rapidità di approccio e il basso tasso di reazioni allergiche. Inoltre, a differenza della medicina tradizionale che è una terapia sintomatica, l’omeopatia permette al paziente di riconnettersi con l’equilibrio psicofisico operando sul doppio fronte della cura e della prevenzione, ma soprattutto cura in prima battuta il malato, con efficacia nei casi di malattie organiche, funzionali, acute e croniche. Ovviamente il farmaco omeopatico non interviene sul virus, ma aiuta il paziente a ritrovare un assetto complessivo dell’organismo armonioso, rafforzando il sistema energetico e immunitario della persona.

Cosa si può fare per contrastare e trattare le malattie emergenti?

La lotta al cambiamento climatico e la riduzione dell’inquinamento sono solo due piccole soluzioni: potrebbero aiutare a disperdere alcuni insetti infetti e di conseguenza alcune patologie, che sono presenti nei nostri territori da tempo, ma che noi dobbiamo ancora imparare a conoscere. Anche l’aumento demografico può aumentare il proliferare di queste malattie: lo spostamento delle comunità in territori non battuti o abitati da animali aumenta il rischio di contagio. Ma amministrazioni e organizzazioni sanitarie stanno mettendo in atto diversi strumenti per monitorare e debellare alcune malattie. Per esempio, fino a qualche mese fa i vaccini RNA a larga scala non esistevano, si facevano solo a fasce ristrette della popolazione, come con l’Ebola: la COVID-19 ha messo alla prova il sistema sanitario mondiale che, sotto stress, ha reagito dando dimostrazione di grandi capacità in ambito terapeutico. Tuttavia, c’è la necessità di scoprire nuove metodiche per il trattamento di alcune patologie ed è quello che sta facendo la medicina omeopatica.

La medicina tradizionale può mostrare una certa sensibilità in questo? C’è speranza per una medicina integrata, visto l’insorgere delle malattie emergenti?

Medicina tradizionale e omeopatia hanno un approccio diverso nei confronti della malattia: l’omeopatia tende ad agire in maniera globale, mentre la medicina tradizionale in maniera sintomatica, utilizzando farmaci diversi per patologie diverse. Al momento, tra le due medicine esiste ancora un certo dualismo, ma in alcuni casi si sta sviluppando un’integrazione parziale: i medici che hanno la doppia formazione prescrivono ai propri pazienti sia medicinali omeopatici sia tradizionali, tenendo presente che l’omeopatia utilizza i farmaci per riportare lo stato psico-fisico del paziente all’equilibrio, mentre la medicina tradizionale tende a sopprimere i sintomi.

Ma queste malattie emergenti sono patologie di lieve entità come può essere una semplice influenza oppure possono trasformarsi in pandemie?

Non sono state riscontrare situazioni gravi come quella generata da Sars CoV 2. Anche perché, per ora, si tratta di contagio tra insetto e umano, non c’è contagio interumano ad eccezione della Zika che si trasmette anche sessualmente, con la saliva e l’allattamento determinando nella gravida aborto o nascita di bambini microcefali e con gravi ritardi mentali: per esempio, nel 2020 i casi di Dengue riscontrati nel mondo sono stati un migliaio, di cui 30 in Italia. Diversamente, il Sars CoV 2 è trasmissibile da uomo a uomo e quindi, inevitabilmente, l’incidenza di contagio è più alta. Se tenute sotto controllo e studiate, le malattie emergenti non si trasformeranno mai in pandemie, data l’incidenza e il metodo di contagio. Ma non possiamo permetterci di sottovalutarle.

 

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