Amata, discussa, ignorata. La medicina integrata è, come spesso accade al “nuovo che avanza”, una materia che vede il mondo della medicina diviso in due: da una parte i negazionisti più feroci, dall’altra i sostenitori convinti. In realtà ci sarebbero altre due categorie: gli agnostici e quelli che “si fa ma non si dice”. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Rosaria Ferreri.

Può darci una definizione di medicina integrata, in modo da delimitare il perimetro di questa disciplina?

La medicina integrata realizza un incontro sincretico fra modelli diversi di medicina, necessario in base alle nuove conoscenze maturate negli ultimi decenni riguardo l’essere umano, le medicine tradizionali e le dinamiche salute-malattia. Si fonda su un approccio interdisciplinare non gerarchico all’organizzazione delle cure, che promuove l’alleanza tra differenti approcci terapeutici armonizzati tra loro in modo sinergico.

Detta così sembra una scelta logica, quasi scontata. Invece…

Invece non lo è. Anche se ormai sono tante le realtà che si stanno muovendo in questa direzione, non mancano coloro che ignorano o negano qualsiasi validità scientifica di un tale approccio. Chi dovrebbe giudicare su base scientifica spesso non conosce queste materie mediche, non avendole studiate, e ignora anche gli studi più recenti. Io mi occupo di oncologia integrata da diversi anni e potrei portarvi molti esempi: proprio recentemente è stato pubblicato uno studio di grandissimo interesse e valenza scientifica[1], con il quale si è rilevata in vitro l’induzione dell’apoptosi nelle cellule MCF7 del cancro al seno dopo il trattamento con Arnica Montana. Inoltre, il trattamento con Arnica Montana ha rivelato la sua capacità di inibire la migrazione e le capacità di formare colonie da parte delle cellule tumorali. Sono risultati straordinari e certamente occorre convalidare lo studio in vitro con studi in vivo, ma non si possono ignorare. Informarsi anche su questi argomenti dovrebbe essere interesse di chi si occupa di oncologia, in quanto i meccanismi cellulari di contrasto allo sviluppo dei tumori sono alla base delle ricerche in ogni campo. Per certi versi già da tempo le medicine complementari fanno parte delle terapie proposte ai pazienti oncologici in molte parti del mondo (Cina, India, Brasile, ecc) ed è ben noto che molti farmaci antitumorali hanno origine vegetale. Per queste ragioni, certe prese di posizione drastiche, ad esempio sulla inutilità dei farmaci omeopatici, andrebbero rivalutate leggendo e approfondendo articoli scientifici come quello che ho citato.

Dottoressa, lei è il responsabile scientifico del Centro di medicina Integrata che si occupa anche di oncologia integrata: come avviene il “reclutamento” dei pazienti? Quanto agisce lo scetticismo di certi suoi colleghi?

In Toscana il nostro approccio non solo è accettato, è compreso, sostenuto e apprezzato, grazie al lavoro dell’Assessorato Regionale alla Salute, dell’ISPRO (Istituto scientifico per la ricerca in oncologia) che ha “istituzionalizzato” le linee guida di oncologia integrata per diversi tipi di tumore. Il nostro approccio viene richiesto anche dai colleghi oltre che, cosa più importante, dai pazienti ed è condiviso anche dagli oncologi. Io seguo questo settore sia presso l’Ospedale di Pitigliano che a Grosseto e a Orbetello, collaborando con i colleghi agopuntori del Centro di Medicina Integrata e con il suo referente scientifico, il dott. Franco Cracolici, con il quale abbiamo messo a punto dei protocolli specifici a sostegno del malato oncologico, ad esempio per nausea/vomito e per neuropatia da taxani. Grazie alla nostra capacità di integrarci nella sanità toscana, abbiamo appena concluso uno studio clinico per la valutazione di un protocollo di medicina integrata su pazienti con carcinoma mammario, in collaborazione con la Unità Operativa di Oncologia dell’Ospedale di Campostaggia, potendo contare sulla collaborazione attiva del Primario, il dott. Martignetti, e dei suoi collaboratori, tra cui l’oncologa dottoressa Giallombardo che è anche fitoterapeuta.  Colleghi ci coinvolgono e ci indirizzano i loro pazienti provenienti da tutta Italia e spesso sono i pazienti stessi a venire direttamente da noi. Per gestire un paziente oncologico la situazione migliore è quella in cui si riesce davvero a fare medicina integrata fin dall’inizio della diagnosi, adottando protocolli condivisi che integrano agopuntura, omeopatia, supporto psicologico, fitoterapia, nutraceutica e dietetica, in un approccio globale che preferiamo definire “Real Life Medicine”, ovvero una medicina basata sulla vita reale, che include tutti gli aspetti che possono condizionare l’evoluzione della patologia e la risposta del paziente. La medicina integrata si sta rivelando una risorsa davvero molto importante e contribuisce in modo significativo a migliorare la qualità di vita del paziente oncologico, riducendo il dolore e gli altri sintomi concomitanti, aumentando la capacità di sopportare le reazioni avverse della radio e chemioterapia, contrastando il fenomeno dell’abbandono delle cure.

Può approfondire questo punto? Mi sembra particolarmente interessante, perché ribalta uno dei cavalli di battaglia dei negazionisti, cioè che si parli di medicina alternativa e che quindi i pazienti siano spinti ad abbandonare le cure oncologiche classiche.

Questa è una fake news! Il nostro intervento è mirato a far sì che le persone che si sottopongono alle terapie oncologiche ne minimizzino gli effetti negativi ma non solo. Talune reazioni negative possono essere innescate anche da altre patologie e con la medicina integrata possiamo intervenire con un approccio olistico e anche personalizzato. Io personalmente chiedo ai pazienti di avere fiducia nelle terapie oncologiche, poiché esse sono arrivate a livelli davvero impensabili fino a pochi anni fa. Lo chiedo in primis a quelli che si rivolgono a noi perché non vogliono sottoporsi alla chemioterapia, anche quando arrivano con pesanti effetti collaterali e sfiduciati a proseguire. Proprio a loro chiedo di aspettare 3 settimane: è questo un tempo sufficiente a valutare se il protocollo che stiamo applicando ottiene un giovamento e solitamente, trascorso questo periodo, i pazienti stanno molto meglio e quindi sono incoraggiati a proseguire le nostre cure insieme alle cure oncologiche. Nel 2019 abbiamo pubblicato, su una rivista scientifica, risultati molto significativi che mostravano come, su una casistica di 240 pazienti, il dolore all’inizio della terapia integrata colpisse il 44%, e come dopo due mesi la percentuale fosse scesa al 16%[2]. A questo bisogna sicuramente aggiungere il fatto che spesso intervenire con protocolli di medicina integrata significa un notevole risparmio di farmaci: in caso, ad esempio, di nausee persistenti connesse alle terapie oncologiche, quando siamo intervenuti con nux vomica o zenzero i pazienti non hanno avuto bisogno di ricorrere a farmaci antiemetici.

Ho fatto questi esempi concreti per sottolineare che il nostro obiettivo non è mai quello di sostituire una nostra terapia alla chemio. Al contrario, il nostro obiettivo è fare sì che i pazienti si possano curare al meglio, sopportando, attutendo o eliminando gli effetti collaterali che spesso costituiscono un ostacolo alle terapie oncologiche più efficaci e riequilibrando anche l’influenza che eventuali comorbidità possono avere sulla patologia tumorale.  Un’altra area di grande importanza è quella del sostegno psicologico e qui, come per la chemioterapia, il contributo dell’omeopatia si è rivelato importante, in particolare con Ignatia, il farmaco scelto per contrastare la sindrome ansioso-depressiva del paziente oncologico. Per concludere, l’omeopatia nell’oncologia integrata ha un ruolo fondamentale e ormai accettato e diffuso in moltissimi centri in Europa e nel mondo. Ma posso affermare con un certo orgoglio che qui a Pitigliano siamo stati dei pionieri.

Insomma, molte esperienze positive, ma le evidenze scientifiche?

So bene che si accusa sempre l’omeopatia e le medicine complementari di sfuggire alle evidenze scientifiche. L’oncologia integrata è una medicina basata sull’evidenza scientifica e clinica e i trattamenti proposti sono oggetto di studi scientifici che mirano a chiarire la specifica azione biologica da un lato e la possibilità di utilizzo clinico dall’altro, in un’ottica di medicina integrata. Ciò di cui abbiamo bisogno adesso è di avviare trials clinici, cercando di raccogliere più dati possibili che confermino l’efficacia della medicina integrata: qui in Toscana ne abbiamo due in corso, il Chemocim e il Fairac ed altri ne verranno per confermare che l’omeopatia e la medicina integrata hanno le proprie evidenze scientifiche.

 

 

[1] N. Basu, P. Narad, M Luthra Guptasarma, C. Tandon, Bhudev C. Das, S. Tandon, Computational and In Vitro Approaches to Elucidate the Anti-cancer Effects of Arnica montana in Hormone-Dependent Breast Cancer, in Homeopathy, 2022.

[2] R.Ferreri, Se.Bernerdini, F. Cracolici, F. Bechini, Integrated Oncology in an Integrated Medicine Hospital in Pitigliano (Grosseto, Italy), in OBM Integrative and Complementary Medicine, 2019.