Una raccolta di casi clinici che riguarderà un numero molto elevato di Paesi di tutto il mondo: è questa, in estrema sintesi, la ricerca avviata nel pieno di questa emergenza planetaria dall’European Committee for Homeopathy (ECH). È la prima volta nella storia dell’omeopatia che viene lanciato un programma di così ampia portata. Ne parliamo con la Coordinatrice del progetto, la dottoressa Tiziana Di Giampietro.
Prima di entrare nel vivo del progetto di ricerca, dottoressa ci può raccontare qual è la sua esperienza e il suo vissuto in questa emergenza?
Sono un pediatra di famiglia, convenzionata col SSN. Come tutti i colleghi che operano sul territorio, ho affrontato l’epidemia simil-influenzale di pazienti affetti da tossi tracheo-bronchiali, polmoniti e gastroenteriti che nel dicembre 2019 e a seguire nei primi tre mesi del 2020, hanno affollato i nostri ambulatori.
Si trattava di forme gravi, persistenti e resistenti anche alle terapie convenzionali praticate in ospedale.
Tutti avevamo la convinzione che fosse una delle più brutte forme influenzali nonostante in precedenza fosse stata annunciata una forma non grave.
Il SARS-COV-2 aveva fatto la sua apparizione a Wuhan ma in Italia gli “esperti” dichiararono in TV che non sarebbe mai arrivato (Burioni, Caprio…). Io ho curato molte di quelle infezioni con farmaci omeopatici secondo il principio di similitudine e l’evoluzione della gran parte dei casi è stata verso una più o meno rapida risoluzione, senza particolari complicanze. Molti genitori e nonni venivano contagiati dai bambini e in questi la malattia era più grave e duratura, ma anche in quelli le terapie integrate avevano più efficacia che le terapie antinfiammatorie e antibatteriche. Col “senno di poi” si è saputo che il virus già circolava libero in alcune zone d’Italia e che, probabilmente, molte di quelle broncopolmoniti e gastroenteriti erano già da attribuire a COVID-19. Solo la sierologia potrà aiutare a capire quale sia stata l’evoluzione dell’infezione e l’etiologia di quelle forme di sintomi influenzali.
Con i pazienti contagiati dal virus, come si è comportata dal punto di vista terapeutico e con quali risultati?
Ho avuto alcuni pazienti sicuramente affetti da COVID-19 che hanno sviluppato la multiforme sintomatologia che ha visto coinvolti l’apparato respiratorio, il gastroenterico, il nervoso e la pelle. Molti sono stati trattati con farmaci omeopatici sia quando ancora non era nota l’eziologia, sia successivamente quando era supposta per persone provenienti da zone ad alto contagio. La risposta dei malati alla terapia omeopatica è stata abbastanza buona. Nel primo bimestre 2020 purtroppo non ho raccolto dati perché ancora si ignorava il legame col COVID-19. Nel periodo di isolamento, invece, i pochi casi di fase 1-2 che ho potuto seguire telefonicamente hanno risposto molto bene alla terapia omeopatica e due casi abbastanza gravi ma non ospedalizzati hanno avuto un notevole miglioramento con terapia integrata (Bryonia, Gelsemium s., Camphora, Kalium carb., Phosphorus, Arsenicum a., Vipera r., Crotalus o….). In tutti questi casi il miglioramento è stato più rapido rispetto a quello dei pazienti trattati con terapia convenzionale.
Lei, che ha uno sguardo sovranazionale ricoprendo un ruolo nell’Associazione europea, può fare un confronto con altri Paesi?
Nel mondo occidentale l’omeopatia è in profonda crisi poichè i governi ostacolano il suo sviluppo. In Cina, India, Cuba, si assiste invece a un numero sempre crescente di medici omeopati. I governi incoraggiano l’uso e sostengono le scuole di omeopatia.
Riguardo al COVID-19 la situazione è diversa in termini di contagio, di decessi, di uso delle terapie non convenzionali. In alcuni Paesi l’omeopatia è addirittura consigliata dal Ministero parallelo (per le medicine Integrate) della Sanità, come è il caso dell’India. In altri Paesi l’atteggiamento dei Governi è stato molto diverso: in Italia, ad esempio, ad una lettera al Ministero con la quale si dava disponibilità ad assistere i pazienti con farmaci omeopatici, la risposta è stata di “impegnarsi come tutti i medici”. In altri ancora, come la Francia, c’è stato l’invito a non curare con farmaci non scientificamente riconosciuti (magari ne esistessero di validi…). Per questo in Italia ci siamo limitati a dichiarare di assistere le fasi 1-2, in modo da non essere accusati di distogliere da cure efficaci i pazienti COVID più gravi.
È da qui che nasce l’idea del progetto di cui lei è coordinatrice? Ce ne può spiegare obiettivi e metodologia?
Io sono coordinatrice del Subcommittee Research per l’European Committee for Homeopathy (ECH), e in tale veste ho avuto l’incarico di Coordinare il progetto di ricerca sul trattamento omeopatico del COVID-19.
L’ECH, in accordo con la Liga Medicorum Homoeopathica Internationalis (LMHI), supporta i progetti proposti dai dottori Lex Rutten, Robbert van Haselen e Carlo Maria Rezzani, coordinatore del progetto Clificol COVID-19. Clificol è un acronimo di “Clinical file collection”, una banca dati clinica capace di raccogliere in maniera ordinata e coerente molti casi clinici e creare progetti per la ricerca in omeopatia.
I tre progetti hanno obiettivi diversi e non in contrasto fra loro; proprio per questo ogni ricercatore può partecipare a uno o più progetti.
In particolare ECH supporta quest’ultimo progetto (Clificol COVID-19) nel quale è confluito anche il progetto di Lex Rutten, pur mantenendo i suoi obiettivi specifici. Clificol COVID-19 è uno strumento essenziale per la ricerca CLINICA in omeopatia.
Dall’Europa si è diffuso negli altri continenti con l’adesione degli omeopati indiani, di Hong Kong, cinesi, sud e nord americani, russi… desiderosi di condividere esperienze terapeutiche in una malattia nuova e sconosciuta, per la quale non esistono terapie efficaci per prevenire (il vaccino non è pronto), curare (non ci sono farmaci specifici per SARS COV-2) e solo recentemente sono stati sperimentati con un certo successo farmaci biologici e trasfusioni di plasma per i casi più gravi, entrambi non privi di effetti collaterali, di alti costi o elaborati procedimenti.
Dunque nessuno potrà affermare che le cure omeopatiche distolgono da cure convenzionali di provata e sicura efficacia.
Ogni omeopata potrà inserire i dati clinici dei suoi pazienti sul database in modo anonimo, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, col supporto dei coordinatori nazionali di Clificol.
Obiettivi generali di Clificol sono:
- raccogliere casi clinici e aiutare gli omeopati a qualificare la Banca Dati con casi di alta qualità perché possa essere anche uno strumento educativo
- favorire la diffusione e condivisione delle informazioni tra omeopati
- difendere l’omeopatia (provarne l’efficacia)
- costruire una “Materia Medica Clinica viva on line”
- avviare progetti di ricerca (migliorare l’uso dell’omeopatia).
L’obiettivo del database Clificol anche dopo il progetto per COVID-19, è quello che venga utilizzato per la collaborazione internazionale nella ricerca scientifica omeopatica, nella pubblicazione di lavori di ricerca clinica e nel miglioramento della qualità della nostra formazione e pratica.
A che punto è il progetto? Si possono già trarre indicazioni utili di massima?
Il progetto è ambizioso ma se tutti collaboreranno, questa sarà una grande opportunità per l’omeopatia. Si potrà estendere lo studio clinico tramite Clificol ad altre patologie.
La ricerca in omeopatia si divide in due settori: ricerca di base e ricerca clinica. Pur incoraggiando la ricerca di base, purtroppo non si è arrivati ad un accordo sul meccanismo d’azione, data la complessità di studiare diluizioni elevate di farmaci.
Oggi noi medici omeopati abbiamo la possibilità e il dovere di raccogliere casi clinici risolti e non. Solo la valutazione di un grande numero di pazienti permetterà di escludere la casualità nella ripetizione di un fenomeno (legge di Bernoulli) e potremo finalmente rispondere alle sollecitazioni, spesso provocatorie, dei media, dei colleghi e delle istituzioni quando affermano che le guarigioni sono una casualità. Clificol potrà eliminare questo punto debole poiché è riuscita a collegare più di 60 società omeopatiche nel mondo.
La fase beta tester è terminata e il progetto è ora aperto a tutti coloro che hanno aderito o che vorranno unirsi in seguito. Verrà inviato un manuale sull’uso di Clificol tradotto in 14 lingue.
Cosa vi aspettate dalla raccolta di questi casi clinici?
L’omeopatia è un approccio incentrato sul paziente che non prende direttamente di mira il virus SARS COV-2, ma stimola le difese immunitarie per combattere attivamente e guarire dall’infezione. Gli omeopati hanno una lunga esperienza nel trattamento delle malattie epidemiche, spesso con risultati promettenti. L’efficacia dell’omeopatia nei pazienti COVID-19 è attualmente sconosciuta e lo studio raccoglierà esperienze del trattamento e della prevenzione.
Con la riserva di ulteriori conferme, l’omeopatia potrà avere un ruolo importante nel trattamento e nella prevenzione di nuove ondate della pandemia. L’obiettivo principale resta tuttavia quello di riscontri interni che permetteranno agli omeopati di ottimizzare la selezione dei farmaci per i sintomi del malato e di individuare il genus epidemicus della malattia; tutto questo supportato da Materie Mediche repertorizzate, alle quali il medico potrà accedere per la consultazione e la ricerca del farmaco più simile ai sintomi del malato.
Sono stati molti i malati di Covid-19 che sono guariti restando a casa e ricorrendo all’uso di farmaci antinfiammatori o antipiretici. Cosa risponderà se i negazionisti dovessero contestare eventuali dati positivi dicendo che i “suoi” malati sarebbero guariti anche senza l’intervento dell’omeopatia, proprio come gli altri?
C’è una contraddizione in questa contestazione: se è ipotizzabile che i pazienti trattati con l’omeopatia sarebbero guariti come quelli trattati con antipiretici e antinfiammatori allora o si ammette che l’omeopatia è stata parimenti efficace nel guarirli o si ammette che gli antipiretici e gli antinfiammatori sono stati inutilmente prescritti e non hanno influenzato il processo di guarigione…
A parte questo, lo studio Clificol valuta anche i tempi di guarigione col farmaco omeopatico, la mancata evoluzione verso un aggravamento (o meno), i casi evoluti verso la morte. Il suo obiettivo principale non è dimostrare agli scettici che “eppur funziona” ma fornire agli omeopati di tutto il mondo uno strumento di cui avvalersi per parlare un linguaggio comune, per confrontarsi e crescere, per avere conferme e certezze, per affinare una tecnica terapeutica che da più di 200 anni resiste agli attacchi di potenti detrattori e che vede più di 600 milioni di pazienti soddisfatti della sua efficacia e della mancanza di effetti collaterali.
Podcast dell’intervista