L’utilizzo di medicinali omeopatici a supporto delle cure tradizionali può migliorare la qualità di vita dei pazienti oncologici? Su questo interrogativo nasce lo studio, pubblicato sulla rivista The Oncologist, che valuta l’impatto dei trattamenti omeopatici sulla qualità (criterio principale) e sull’aspettativa di vita (criterio secondario) dei pazienti colpiti dal cancro del polmone a uno stadio avanzato.

A condurre questo studio multicentrico controllato randomizzato in doppio cieco è il professor Michael Frass, medico specialista in medicina interna e professore all’Università di Medicina di Vienna, insieme alla sua equipe.

I pazienti coinvolti sono stati suddivisi in tre gruppi:

  • Gruppo “omeopatia” – in cui i pazienti hanno ricevuto un trattamento omeopatico in aggiunta al loro trattamento oncologico convenzionale.
  • Gruppo “placebo” – in cui i pazienti hanno ricevuto un placebo in aggiunta al loro trattamento oncologico convenzionale.
  • Gruppo “controllo” – in cui i pazienti hanno ricevuto unicamente il loro trattamento oncologico convenzionale.

Affinché i risultati fossero perfettamente obbiettivi né i pazienti, né i loro medici sapevano chi stesse ricevendo il medicinale omeopatico o il placebo o solo il trattamento oncologico convenzionale contro placebo.

Durante lo studio, i pazienti hanno risposto a due specifici questionari per valutare la loro qualità di vita in tre diversi momenti, all’inizio dello studio, dopo 9 settimane e dopo 18 settimane dall’inizio; questi test hanno permesso ai ricercatori di misurare i diversi effetti secondari, imputabili alla patologia stessa o al trattamento somministrato, come fatica, nausea, perdita d’appetito e dolori.

In merito alle diverse somministrazioni, si è notato che all’interno del gruppo “omeopatia”, dopo 18 settimane tutti i parametri relativi alla qualità della vita sono significativamente migliorati rispetto al gruppo “placebo”.

Come ricorda anche il professor Frass, l’omeopatia non guarisce il cancro. L’impatto positivo sull’aspettativa di vita (9 mesi nel gruppo “controllo”, contro i 16 mesi nel gruppo “omeopatia”) può essere spiegato quindi dal miglioramento della qualità di vita dei pazienti e dall’attenuazione degli effetti secondari, che hanno permesso ai pazienti di tollerare meglio le terapie convenzionali e di evitare l’interruzione dei trattamenti.

In conclusione, lo studio evidenzia che l’omeopatia, assunta ad integrazione delle terapie convenzionali, aiuta i pazienti a vivere meglio la malattia e la terapia oncologica riducendo in maniera significativa alcuni dei sintomi invalidanti.

 

[1] M. Frass et Al, Homeopathic Treatment as an Add-On Therapy May Improve Quality of Life and Prolong Survival in Patients with Non-Small Cell Lung Cancer: A Prospective, Randomized, Placebo-Controlled, Double-Blind, Three-Arm, Multicenter Study, in The Oncologist, 2020.

https://theoncologist.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/onco.13548