Quando è nata, l’iniziativa concepita come campagna annuale per aumentare la consapevolezza e la comprensione globale sulla resistenza antimicrobica, è stata chiamata “settimana mondiale di sensibilizzazione antimicrobica” con l’acronimo WAAW.

Ma quest’anno, le quattro organizzazioni promotrici – ovvero l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (WOAH) – hanno annunciato un rebranding, aggiungendo la parola resistenza al titolo della settimana[1]. Una scelta derivante dal fatto che questo termine indica meglio la sfida che si sta affrontando a livello mondiale.

Una pandemia silenziosa, un lento tsunami che si sta preparando all’orizzonte, un rischio globale da fronteggiare, una minaccia per la salute pubblica: sono solo alcune delle espressioni, più o meno allarmanti e da “prima pagina”, usate per definire l’antibiotico resistenza.

Un fenomeno di portata mondiale, a causa del quale, solo in Europa, ogni anno si registrano più di 35 mila casi di morte per infezioni resistenti agli antimicrobici, di cui circa 11 mila in Italia[2].

La visione olistica del modello sanitario One Health

Come sottolinea l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ”la resistenza antimicrobica, AMR rappresenta una minaccia per l’uomo, gli animali, le piante e l’ambiente[3]. Interessando tutti gli ambiti e tutti i Paesi, la risposta deve essere intersettoriale.

È proprio su questa visione olistica che si basa il modello sanitario One Health[4], promosso dall’OMS e riconosciuto ufficialmente dal Ministero della Salute in Italia e dalla Commissione Europea e da tutte le organizzazioni internazionali, che afferma come la salute umana, quella animale e dell’ecosistema siano indissolubilmente legate.

È la strategia riconosciuta come l’approccio ideale per tutelare la salute globale, grazie alla collaborazione non solo dei diversi settori, pubblici e privati, ma anche delle diverse discipline, da quella medica, a quella veterinaria, ambientale, economica e sociologica.

One Health e omeopatia: come si inserisce la medicina integrativa

L’omeopatia può svolgere un ruolo significativo nella lotta alla resistenza antimicrobica. Di questo è convinto Subhash Kaushik, Direttore Generale del Consiglio Centrale per la Ricerca in Omeopatia del Ministero dell’Ayush in India, così come ha dichiarato durante un’intervista con Express Healthcare.

È necessario partire dal presupposto che le infezioni acute del tratto respiratorio superiore (URTI) vengono spesso trattate con la prescrizione di antibiotici nelle cure primarie. L’omeopatia, se somministrata con una funzione di prevenzione o con una funzione integrativa nella prima fase di infezione, può aiutare a ridurre l’utilizzo degli antibiotici.

Lo ricorda Kaushik quando afferma che “utilizzando l’omeopatia come prima linea di difesa nei casi in cui di solito vengono prescritti gli antibiotici, come le malattie influenzali, è possibile ridurre l’uso di questi ultimi e di conseguenza ridurre il peso della resistenza antimicrobica”.

Una buona e una cattiva notizia

Una delle cause dell’AMR è l’uso eccessivo e improprio degli antibiotici contro batteri o virus che colpiscono le persone, gli animali o le coltivazioni. Quindi, ridurne l’utilizzo è una misura utile per ridimensionare la portata enorme del fenomeno.

Purtroppo, nonostante gli sforzi condivisi a livello comunitario e mondiale, dal report [5]pubblicato recentemente dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) arrivano una bella e una cattiva notizia.

La buona è che per uso veterinario, l’impiego di antimicrobici si è dimezzato negli ultimi 20 anni passando da 181 a 91 milligrammi di antimicrobico per chilogrammo[6]. Le proiezioni suggeriscono che ci possa essere un’ulteriore diminuzione del 10% entro il 2035.

Mentre, la cattiva è che nello stesso periodo temporale sono cresciute le vendite di antibiotici per la cura di persone, di quasi il 2% dal 2000. Nonostante, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) abbia adottato nel 2015 un piano d’azione globale sulla resistenza antimicrobica, le previsioni non fanno ben sperare. Infatti, come sottolinea l’OCSE se le tendenze attuali continueranno “i livelli di resistenza antimicrobica rimarranno inaccettabili per almeno i prossimi 25”. Secondo questa previsione, di conseguenza, peggiorerà la pressione sui costi per i sistemi sanitari nazionali, che cresceranno, superando i 29 miliardi di dollari spesi ogni anno.

Le strategie per contrastare l’antibiotico resistenza esistono e sono già adottate: basti pensare all’appello lanciato da EUROCAM[7] per un sistema sanitario efficace, sostenibile e orientato a rafforzare la salute generale dei pazienti, promuovendo uno stile di vita sano e ricercando trattamenti e modelli non antibiotici efficaci e sicuri. Ora serve uno sforzo congiunto di tutti gli Stati e le parti coinvolte, per fare in modo che le previsioni dell’OCSE non diventino realtà.

 

 

 

 

 

 

[1]https://www.who.int/news/item/06-06-2023-world-antimicrobial-awareness-week-(waaw)-will-now-be-world-amr-awareness-week

[2] Antimicrobial consumption in the EU/EEA (ESAC-Net), Annual Epidemiological Report for 2021

[3] https://www.who.int/campaigns/world-amr-awareness-week/2023

[4]https://www.who.int/news-room/questions-and-answers/item/one-health#:~:text=What%20is%20’One%20Health’%3F,people%2C%20animals%20and%20the%20environment

[5] Il report fa riferimento ai 34 Paesi OCSE.

[6] https://www.ilfarmacistaonline.it/studi-e-rapporti/articolo.php?articolo_id=116974

[7] Resolving AMR by reducing the reliance on antibiotic treatment, EUROCAM, 2022