Come si vive la pandemia se si è affetti da una malattia autoimmune? Come può l’omeopatia essere di supporto alla terapia farmacologica? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Mariarosa Chiarantano, medico specialista in dermatologia e venereologia di Bologna, che ci ha raccontato la sua esperienza clinica, le evidenze riscontrate e i benefici di un approccio terapeutico integrato nella trattamento dei pazienti con malattie autoimmuni.
Dottoressa, qual è la sua esperienza con i pazienti affetti da malattie autoimmuni? Nella sua pratica clinica utilizza un approccio integrato?
Come dermatologa visito spesso pazienti affetti da malattie autoimmuni. La diagnosi può essere già stata formulata da un altro medico oppure emergere dagli accertamenti da me prescritti per indagare il quadro clinico del paziente. Spesso quindi come dermatologa mi ritrovo ad avere un ruolo di dermato-internista: le malattie autoimmuni possono avere una prima manifestazione a livello cutaneo, come per esempio il Lupus Eritematoso Sistemico. I pazienti, infatti, possono presentare sintomi cutanei correlati a malattie autoimmuni in altra sede, non cutanea, come nel caso delle tiroiditi o del LES; oppure possono presentare patologie autoimmuni primitive cutanee, come per esempio la Psoriasi, il Lichen, l’Alopecia Areata, il Pemfigo. Nel mio recente intervento all’ultimo congresso del CEDH di Parigi (Centre d’enseignement et de développement de l’homéopathie), ho parlato proprio di un caso clinico particolare di psoriasi, un’artrite psoriasica. Sono molte tuttavia le patologie dermatologiche autoimmuni che normalmente tratto con un approccio integrato.
Per i pazienti, quali sono i benefici e nell’utilizzo dell’omeopatia nel trattamento delle malattie autoimmuni?
Nel caso di diagnosi precoce, i medicinali omeopatici possono essere utili nel ritardare il ricorso alla terapia allopatica o ancora, quando il decorso della malattia è lento, è possibile controllare la malattia autoimmune con un approccio che comprenda oltre all’omeopatia tutte quelle buone abitudini che oggi amiamo chiamare “stile di vita sano”, naturalmente senza dimenticare i controlli regolari, e questo è il migliore dei casi. Nel caso invece in cui il paziente abbia già fatto ricorso a una terapia allopatica, l’omeopatia può aiutare a contrastare gli effetti collaterali dei farmaci assunti, aiutando a riequilibrare il proprio organismo. In alcuni casi è stato possibile ridurre la terapia allopatica ad un dosaggio inferiore rispetto a quello prescritto in precedenza, mantenendo comunque un buon controllo sulle recidive della patologia. L’omeopatia permette quindi di accompagnare il malato anche nel percorso con la terapia allopatica.
In quali casi la terapia integrata funziona meglio?
In fase precoce ovviamente l’utilizzo di medicinali omeopatici permette al paziente di non arrivare a uno stadio in cui si renda necessaria l’assunzione di un farmaco allopatico. Se invece la terapia allopatica è già stata iniziata, a quel punto il trattamento omeopatico permette di contenere il dosaggio del farmaco.
In base alla sua esperienza, ha riscontrato una differenza di genere nell’insorgenza di malattie autoimmuni?
Certo, le patologie autoimmuni interessano in misura nettamente maggiore la popolazione femminile, quindi il mio paziente medio è donna. Ciò ovviamente non esclude che alcune patologie interessino anche gli uomini. Nell’ultimo caso che ho trattato, ad esempio, ho diagnosticato una sclerodermia in un uomo, sebbene tale patologia colpisca più frequentemente le donne. La maggior parte dei miei pazienti con malattie autoimmuni sono quindi donne affette principalmente da patologie dermatologiche autoimmuni come per esempio la Psoriasi, il Lichen, il Pemfigo ma anche donne affette da malattie autoimmuni non dermatologiche che richiedono un supporto integrato.
Di norma il paziente decide fin dall’inizio di affidarsi alle cure omeopatiche oppure le sceglie solo in un secondo momento, dopo l’inizio della terapia farmacologica?
Nella branca della dermatologia è necessario lavorare ancora molto sulla corretta informazione per far sì che essa si possa trasformare in conoscenza e consapevolezza. Infatti, il paziente affetto da una malattia autoimmune che ha già iniziato il suo percorso con l’allopatia in realtà vive la sua malattia come una condanna, convincendosi che non vi siano altri trattamenti possibili e, al contempo, non si aspetta un vero beneficio dalla medicina omeopatica. Spesso sono io stessa che propongo un approccio integrato e devo dire che è sempre ben accolto. Quando invece sono io a fare una diagnosi iniziale, di base il paziente è subito ben disposto nel tentativo di adottare un approccio diverso da quello convenzionale.
Come stanno vivendo i suoi pazienti la pandemia?
Allo scoppio della pandemia sono molti i pazienti che mi hanno contattato per chiedere come rafforzare il proprio organismo: in questo senso l’omeopatia è stata utile quale strumento per rinforzare le proprie difese immunitarie.
Ai pazienti che si sono rivolti a me per la prima volta ho proposto un trattamento di supporto per questo periodo e devo dire che tutti hanno accettato molto volentieri. Ad oggi Bologna è una città molto colpita dal contagio da Covid-19 e tuttora ho pazienti che mi contattano per chiedermi consigli su come prevenire con l’omeopatia le ripercussioni del virus. Io ovviamente non ho mai proposto una terapia che promettesse ai pazienti l’immunità. Nulla può sostituire infatti le precauzioni consigliate, però perché non cercare di rendere l’organismo più forte, per potersi difendere meglio da un eventuale contagio? Ovviamente è importante tenersi monitorati, data l’imprevedibilità dimostrata da questo virus.
In previsione della vaccinazione contro il Covid-19, ha ricevuto richieste di supporto?
Si, tantissime, anche dai colleghi che avevano l’obbligo vaccinale entro gennaio, inclusi alcuni scettici. In questo senso l’omeopatia può essere utile sia per rafforzare le difese immunitarie in vista delle vaccinazioni, sia quale trattamento degli eventuali effetti collaterali post vaccinazione.
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