L’acqua, a prima vista il più semplice degli elementi, il più conosciuto, il più studiato. Eppure intorno a lei permangono ancora molti misteri e molte dispute. Anche tra scienziati le controversie non mancano. Ne abbiamo parlato con il Professor Vittorio Elia, già docente di Chimica-Fisica presso l’Università Federico II di Napoli.

Ma come è possibile Professor Elia, che dell’acqua ormai non si conosca tutto?

“È vero che l’acqua è l’elemento più studiato, ma ha ancora molte cose da dirci e da svelarci. Del resto è dall’acqua che nasce la vita e questo la dice lunga su quanto questo elemento possa essere complesso e ricco”.

Lei è da molti anni che si dedica a studiarla?

“Sono più di vent’anni che conduco ricerche ed esperimenti sull’acqua e sulle sue proprietà chimico fisiche. Con il mio gruppo di ricerca – le ricerche sono sempre frutto di un lavoro collettivo – non abbiamo ancora finito di studiare, anche ora che ho lasciato l’università per ragioni anagrafiche. Abbiamo prodotto oltre 30 lavori pubblicati dalle più autorevoli riviste scientifiche. E come è noto queste riviste sottopongono a revisione rigorosissima i lavori presentati e le metodiche utilizzate. I nostri studi sono iniziati perché stupiti – anche un po’ scandalizzati – dalle affermazioni degli omeopati che ritenevano i loro farmaci efficaci anche se privi – per via delle diluizioni – del principio attivo.

La sorpresa per noi è stata enorme: le ricerche effettuate con le metodiche classiche della chimica e della fisica, ci dicevano che i composti omeopatici non presentavano traccia del principio attivo, ma in ogni caso si trattava di un liquido “diverso”, che aveva comunque subito una mutazione. E, fatto ancora più sorprendente, in modo permanente. Questo fatto sembrerebbe dare ragione agli omeopati”.

Quando lei ha raccontato questo esperimento in una trasmissione televisiva, il direttore del Cnr ha risposto che si trattava di un errore di fondo: il comportamento anomalo dell’acqua dipendeva unicamente dalle impurità presenti. Non solo, la invitava a riprodurre i suoi lavori di ricerca al Cnr in modo da verificarne la correttezza.

Parto proprio da questo punto: poiché ho seguito anch’io quella trasmissione e ho sentito la proposta del direttore del Cnr, ho subito colto la palla al balzo e gli ho scritto, dichiarandomi pronto ad accettare il suo invito. Bene, quella mia mail non ha mai avuto alcuna risposta. Sbaglio a dubitare della sincerità di quella offerta? Forse si trattava solo di un modo per aggirare il problema e dare una risposta fintamente aperta al giornalista e agli spettatori. Ma la volontà è ben altra e fortemente viziata dal pregiudizio: tutto ciò che fa vacillare le convinzioni radicate viene visto con sospetto e allontanato. Vengo poi al merito: dire che si tratta di impurezze presenti nell’acqua significa non aver letto nessuno degli oltre 30 lavori pubblicati da me e dal mio gruppo di ricercatori. Noi abbiamo misurato con estrema accuratezza il PH, la conducibilità elettrica, e molti altri parametri chimico-fisici e le variazioni erano molto significative, nella misura di uno se non due ordini di grandezza, mentre si sa benissimo che le impurezze generano variazioni minime. Quindi o i calcoli da noi fatti sono tutti sbagliati (ma li abbiamo fatti e rifatti mille volte) oppure ci si deve porre il problema e cercare di capire, non negare a priori. Questo non è certo l’approccio di uno scienziato serio.

Sì, però lei Professore è uno scienziato un po’ “eretico”

Direi proprio di no. Sono un ricercatore ortodosso, come ortodosse sono le riviste che hanno pubblicato tutti i miei lavori. Sono ortodosso perché nei miei lavori ho utilizzato le metodiche di analisi, di ricerca e di misurazione più classiche della chimica e della fisica. Semmai la materia di alcune mie ricerche è “eretica”. Io ho applicato le metodiche classiche quando ho studiato le soluzioni omeopatiche, queste sì considerate “eretiche”.

E cosa ne è emerso?

Sono emerse cose interessantissime. Naturalmente io non ho studiato la capacità terapeutica di un farmaco omeopatico, perché non è il mio mestiere né il mio obiettivo. Mi sono solo preoccupato di verificare se nelle diluizioni omeopatiche, fatto salvo l’assenza di principio attivo, le caratteristiche chimico-fisiche del liquido sono quelle dell’acqua oppure se ci sono delle differenze rimarcabili. E le differenze ci sono, e molto significative. Abbiamo potuto verificare che, con il procedimento di succussione e di diluizione, la conducibilità del liquido, ad esempio, varia: in principio si riduce o si mantiene stabile, ma procedendo per ulteriori diluizioni aumenta in misura quasi esponenziale. Quindi, il liquido di partenza è un liquido molto diverso – sotto il profilo chimico-fisico – di quello di arrivo.

Il professor Garattini è solito dire che se si prendono i farmaci da uno scaffale di prodotti omeopatici e si tolgono le etichette, è impossibile distinguere un farmaco dall’altro. È vero?

Ritengo che il professor Garattini sbagli, probabilmente perché non ha mai svolto ricerche in questo campo. Come ho detto, in ogni soluzione omeopatica si riscontrano proprietà chimico-fisiche differenti l’una dall’altra. Differenze significative, dovute alle mutazioni che i processi di produzione – tra cui succussione e diluizione – producono nell’acqua e che permangono in misura permanente. Che poi siano anche terapeuticamente efficaci, è un giudizio che non spetta a me.

 

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