Fitte e crampi nella parte bassa dell’addome, che possono estendersi fino alla schiena, associati a mal di testa, nausea e in alcuni casi a stipsi o diarrea: sono i sintomi di quella che in medicina viene indicata con il termine dismenorrea primaria.

Ma sono ciò che più comunemente viene chiamato dolori mestruali, un disturbo spesso non legato a una causa specifica e per il quale non esiste una prevenzione.

Alcune donne trovano sollievo grazie all’assunzione di antinfiammatori, ripetuta in base all’intensità del dolore ma per altre, invece, è debilitante tanto da interferire nello svolgimento delle attività quotidiane.

Un forte impatto nella vita di ragazze e donne: come riportato anche dalla Camera dei Deputati, in Italia dal “60% al 90% delle donne soffrono durante il ciclo mestruale e questo causa tassi dal 13% al 51% di assenteismo a scuola e dal 5% al 15% nel lavoro”.

L’omeopatia può aiutare?

Una delle peculiarità della medicina omeopatica è di saper rispondere ai bisogni di cura di ogni persona, personalizzando il trattamento in base alle esigenze del paziente. Inoltre, è considerata un valido sostegno terapeutico in grado di accompagnare le fasi di vita di una donna in ogni cambiamento ormonale, dall’adolescenza, all’età fertile, durante la gravidanza fino alla menopausa.

L’omeopatia, offrendo la possibilità di personalizzare la cura, è una buona risposta per quello che è un disturbo soggettivo come la dismenorrea: in alcuni casi aiuta a ridurre, in altri casi, a risolvere, la ricorrenza della sintomatologia.

A seconda dell’eziologia, oltre a quella primaria esiste la dismenorrea secondaria, causata da patologie dell’apparato riproduttivo, come l’endometriosi o l’adenomiosi e altre sindromi o malformazioni del tratto genitale inferiore. In qualsiasi caso, la diagnosi di dismenorrea deve arrivare dal medico specialista, dopo aver effettuato la visita e gli esami di laboratorio richiesti, come l’ecografia transvaginale, la risonanza magnetica, l’isteroscopia e la laparoscopia.

La ricerca clinica conferma l’efficacia del medicinale omeopatico individualizzato nella cura della dismenorrea primaria 

In merito al beneficio che può derivare dall’utilizzo della medicina omeopatica per il trattamento della dismenorrea, è stato condotto uno studio clinico randomizzato in doppio cieco[1] presso l’ambulatorio di ginecologia del Mahesh Bhattacharyya Homoeopathic Medical College and Hospital, in India.

La ricerca si è focalizzata sulla dismenorrea primaria e ha preso in esame l’efficacia dei medicinali omeopatici individualizzati (IH) rispetto al placebo.

Le pazienti che facevano parte del campione sono state assegnate in modo casuale a due gruppi, il primo ha ricevuto il trattamento individualizzato IH (n=64), il secondo, invece, un placebo. Per la valutazione è stata adottata la scala numerica NRS, con valori da 1 a 10, in base all’intensità del dolore e un sistema di punteggio verbale multidimensionale (VVMS).

La misurazione è avvenuta al basale, ogni mese, per o fino a tre mesi[2].

I risultati dello studio hanno confermato come i medicinali omeopatici siano significativamente più efficaci del placebo nel trattamento della dismenorrea primaria.

Infatti, i due gruppi erano paragonabili al basale (tutti p>0,05) ma ciò che ha evidenziato l’efficacia della terapia omeopatica è stata la differenza registrata sia nella scala NRS sia nel sistema VVMS in tutti i punti temporali con dimensioni di effetto da medio a grandi[3].

In conclusione, l’esperienza clinica mostra come le cure omeopatiche possano essere efficaci nella cura della dismenorrea, scegliendo il medicinale adatto per ogni singolo caso.

 

 

 

 Fonti: 

[1] Efficacy of individualized homeopathic medicines in primary dysmenorrhea: a double-blind, randomized, placebo-controlled, clinical trial. Complement Integr Med. 2021 Jun 3;20(1):258-267. doi: 10.1515/jcim-2020-0512. eCollection 2023 Mar 1.

[2] Le differenze di gruppo e le dimensioni dell’effetto Cohen’s D sono state calcolate sul campione intention-to-treat (ITT) ovvero basato sugli intenti iniziali di trattamento e non sui trattamenti effettivamente somministrati. Il tasso di abbandono è stato del 10,9% (IH:7, placebo:7).

[3] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34085495/.