Il 3 dicembre 2011, nel prestigioso Salone de’ Dugento del Palazzo Vecchio di Firenze, è stato presentato l’accordo con le principali istituzioni sanitarie del paese sulle definizioni concettuali ed operative di questa disciplina, racchiuse nel Manifesto per la Medicina Integrata. A un decennio di distanza appare opportuno tornare sugli stessi temi, con una consapevolezza diversa.

La Medicina Integrata è un modo moderno di intendere il contributo di tutte le medicine complementari – definite come CAM (Complementary and Alternative Medicine) o più recentemente come TCM (Traditional and Complementary Medicine) – al raggiungimento del benessere e della salute, in un modello efficace di affiancamento e integrazione con la Medicina Convenzionale (CM).

L’obiettivo da perseguire è quello di far sì che le TMC subentrino a fianco della CM, laddove quest’ultima, per il suo stesso modo di operare, mostri delle carenze. Ad esempio, quando si parla di Evidenza Scientifica e di Appropriatezza.

Evidenza Scientifica e Appropriatezza

La Evidence Based Medicine (EBM) ha sicuramente rappresentato una grande conquista: quando è nata, nel 1992, i medici basavano le loro decisioni cliniche su dati assodati soltanto nel 20% dei casi, oggi invece, grazie alla EBM, siamo attestati intorno al 80%. Figlia della EBM è l’Appropriatezza, attribuita ad un atto medico basato sulla dimostrazione di efficacia e sulla corretta indicazione terapeutica. Evidenza Scientifica e Appropriatezza, però, hanno avuto come conseguenza la diffusione di comportamenti medici legati a precise indicazioni, con modalità, tempi e costi prefissati e inderogabili. Questo volge spesso a scapito del rispetto della individualità del paziente, nonostante lo stesso David Sacket – uno dei padri del EBM – avesse affermato che “La miglior soluzione ad ogni problema clinico è raccogliere le prove di efficacia più salde emerse dalla letteratura biomedica ed interpretarle alla luce dell’esperienza personale del medico, in funzione dell’assistenza mirata al singolo paziente”.

Salute come conquista del benessere generale: il ruolo della Medicina Integrata

Un numero sempre più elevato di medici e pazienti concepisce ormai la salute non solo come assenza di malattia, ma come la conquista di un benessere generale, che vada al di là della sola soppressione di un quadro morboso. L’iperspecializzazione rischia, dunque, di allontanare da tale obiettivo, facendo perdere di vista la globalità dell’intervento terapeutico.

Le TCM prevedono come necessario il ripristino di un potenziale favorevole di autoguarigione della persona malata: ulteriore criticità della CM. Quest’ultima ha infatti sviluppato poco questo concetto, fondando la sua enorme efficacia sulla possibilità di mettere a disposizione farmaci chimici anti-sintomatici (anti-febbrile, antibiotico, anti-infiammatorio) utili nell’acuto e, negli ultimi decenni, farmaci in grado di agire sul meccanismo d’azione, soprattutto grazie alla terapia sostitutiva e ai farmaci biologici, misconoscendo comunque in gran parte le possibilità di resilienza biologica dell’individuo, fino ad attribuirla ad un mero effetto placebo.

Il processo d’integrazione sembra quindi offrire opportunità anche al di fuori dell’ambito strettamente terapeutico. Alcune considerazioni, ad esempio, sono di tipo epistemologico. Ilkka Tuomi affermava: “Impossibile dividere la conoscenza in due campi nettamente separati, quello della conoscenza inespressa e quello della conoscenza esplicita”. Possiamo anche ammettere che la conoscenza inespressa appartiene alle TCM e quella esplicita alla CM, a patto che espressione ed esplicitazione si riferiscano ad un diverso modo di documentare, da parte delle due Medicine, la propria impostazione metodologica. D’altronde, se la conoscenza inespressa si dedica, anche se in modo diverso, agli stessi argomenti di quella esplicita, può rappresentare per essa motivo di arricchimento sul piano metodologico. Così l’agopuntura può fornire un modello in base al quale uno stato morboso può derivare dallo squilibrio tra due funzioni e il concetto di Inn e Yang si può applicare, in ultima analisi, ad una malattia metabolica da difetto enzimatico, oppure ad una malattia autoimmune da deficit dei T-Reg. Ancora, in omeopatia le caratteristiche individuali per la preferenza dei sapori forniscono dati utili all’inquadramento del biotipo: il soggetto sulphur è portato a preferire il dolce, natrum muriaticum il salato, silicea l’affumicato. La biologia molecolare ha ormai dimostrato che le sensibilità a certi sapori e la tendenza a preferirne alcuni rispetto ad altri è su base genetica: ognuno dei 6 gusti (salato, dolce, amaro, grasso, acido, umami) è percepito da recettori specifici, che sono codificati geneticamente e può succede che chi ha un’alterata percezione del sapore grasso sia più soggetto ad obesità e sindrome metabolica; chi ha un’alterata percezione del dolce è più predisposto alla carie dentale e all’alcolismo, confermando quindi l’utilità dell’anamnesi omeopatica dedicata a tali aspetti.

La Medicina Costituzionale

Un altro punto d’incontro lo troviamo nella Medicina Costituzionale che pone molta attenzione all’idea che gli aspetti morfologici dell’individuo siamo collegati a quelli funzionali. Il soggetto mesomorfo (mesoblasta) è più portato al rischio di malattie cardiovascolari e quindi, dietro l’aspetto morfofunzionale del mesoblasta, è prevedibile un assetto genetico caratteristico che orienta la sua biologia verso un certo tipo di malattie. Anche aspetti morfologici più circoscritti sembrano sottendere una predisposizione a malattie specifiche, come ad esempio il rapporto tra lunghezza del 2° e 4° dito della mano. Il secondo dito ha lunghezza inferiore rispetto al 4° in caso di soggetti che sono stati esposi al testosterone in gravidanza e che risultano meno empatici, più predisposti al cancro della prostata se di sesso maschile e protetti dal cancro del seno se di sesso femminile.

Le possibilità terapeutiche offerte dalla Medicina Integrata

Entrando nel merito delle applicazioni dei concetti sopra discussi nella terapia, le opportunità possono essere diverse. Pensiamo ad esempio alle possibilità in oncologia. Le TCM possono avere un ruolo nella gestione degli effetti collaterali causato dai farmaci chimici, indispensabili per la cura. Un esempio in tal senso è il caso della Toscana, unica regione al momento ad ospitare le TCM nel Servizio Sanitario Nazionale, con esiti estremamente positivi.

Analogamente positive sono le esperienze presso l’Ospedale di Pitigliano dove è attivo un servizio di Medicina Integrata (Fitoterapia, Omeopatia ed Agopuntura) affiancato alle attività assistenziali tradizionali, con dati molto promettenti nella terapia di varie forme morbose, in particolare per le malattie allergiche e le patologie osteoarticolari.

Restando nell’ambito delle considerazioni sulla attualità delle TCM e a conferma dei punti di contatto tra esse e la CM risulta quasi scontata la considerazione sulla Fitoterapia: molti farmaci convenzionali derivano dal mondo vegetale e la possibilità di impiego di estratti vegetali nella terapia delle malattie virali è estremamente attuale nelle terapie per la cura del COVID-19.

Un altro punto a favore della possibilità d’integrazione riguarda l’Omeopatia, sicuramente la più contestata tra le TCM, che ha avuto negli ultimi anni conferme che vedono analogie tra il suo meccanismo d’azione e quello della farmacologia chimica: la farmacologia delle microdosi, sviluppata grazie ai lavori di Bellare, ha dimostrato la presenza di molecole della sostanza di partenza anche nelle diluizioni spinte al di là del numero di Avogadro, consentendo l’aggancio tra la teoria ormetica e l’omeopatia, con la spiegazione su base chimica del principio di similitudine, in alternativa al concetto dell’omeopatia energetica ancora sostenuto da alcuni settori dell’Omeopatia tradizionale.
In una realtà come quella descritta, si fa sempre più stringente la necessità di interdisciplinarità, di valorizzazione delle diversità e di moduli terapeutici sempre più contestualizzati sul paziente, di promozione di modelli di terapia poco impattanti sull’uomo, sull’ambiente e sulla natura. il solo approccio dominante e l’atteggiamento spesso e purtroppo univoco della CM appaiono non più al passo con le richieste dei pazienti.

Tutte queste riflessioni espongono i motivi per cui le MTC possono essere a ragione incluse, insieme alla CM, in un modello unico di Medicina con un processo d’integrazione preconizzato nel 1988 dall’affermazione di Relman – editor del The New England Journal of Medicine: “non esistono diversi tipi di medicina, o diversi modi di interpretarla”.
È necessario affermare che la professionalità e la sensibilità del singolo medico in grado di gestire più modalità di intervento oppure di più medici in una interlocuzione efficace e cooperante sullo stesso quadro morboso del singolo paziente, consentono di formulare l’indicazione terapeutica migliore, in grado di offrire effetti positivi, minimizzando quelli collaterali negativi, secondo una concezione moderna e personalizzata della Medicina, “Centrata sulla Persona”.

Allo stato attuale, quindi, gli aggettivi alternativa, non convenzionale, complementare, contestualizzati e coniati in specifici momenti storici, fino alla terminologia più recente tradizionale/complementare, dovrebbero far posto ad un concetto che si traduca in un solo binomio, quello della Medicina Integrata.