Come si manifesta il Long Covid?

“Quando è iniziata la pandemia, a marzo 2020, siamo stati tutti travolti dall’esigenza di intervenire tempestivamente per salvare i malati più gravi e contenere il diffondersi del virus. Medici e personale sanitario si sono prodigati per rispondere tempestivamente all’emergenza e non ci si è soffermati a pensare alle possibili conseguenze a lungo termine del contagio, ma mai ci saremmo aspettati casi di Long Covid. A distanza di qualche mese dall’inizio della pandemia si sono invece riscontrate le prime sindromi persistenti nei pazienti, con sintomi prolungati quali stanchezza, mal di testa, oppressioni toraciche, disturbi respiratori, assenza di gusto e olfatto.

Il Long Covid non è una sindrome infiammatoria persistente post infettiva, bensì una malattia infiammatoria cronica che sta colpendo sempre più persone: a marzo 2021 si contavano 11,5 milioni di casi nel mondo, 54 milioni a febbraio 2022, mentre a settembre 2022 sono stati raggiunti i 145 milioni. Ma probabilmente ci sono più di un miliardo di casi di Long Covid nel mondo non dichiarati”.

 Quali sono i sintomi più frequenti?

“Sono oltre cinquanta i sintomi descritti da chi ha sviluppato una forma di Long Covid, ma tra questi i cinque principali sono la stanchezza, le cefalee, la nebbia cognitiva, i disturbi neuropsichiatrici e la dispnea.

  • La stanchezza o astenia si manifesta solitamente a distanza di due mesi da quando si è contratto il virus e ne soffre il 55% dei pazienti. Si tratta di una sensazione di stanchezza che inibisce le normali capacità di sforzo, con una intensità altalenante: chi ne soffre alterna momenti di benessere a momenti di estrema stanchezza improvvisa, con ripercussioni sulla vita sociale, familiare, e professionale.
  • Il secondo sintomo più frequente è il mal di testa che, nel 38% dei casi, si manifesta a distanza di sei settimane
  • Il terzo, chiamato in inglese “brain fog”, ovvero annebbiamento della mente, porta a disturbi della memoria, della comprensione e a volte del linguaggio e si presenta nel 30% – 40% dei casi dopo un mese dall’infezione.
  • I disturbi neuropsichiatrici, come l’ansia, la depressione e disturbi del sonno, sono il quarto sintomo maggiormente diffuso, che si presenta nel 30%-40% dei casi dopo due mesi e dopo sei mesi nel 25% dei pazienti.
  • L’ultimo sintomo riguarda infine le difficoltà respiratorie, la cosiddetta dispnea, rilevata dal 23% dei casi a distanza di due mesi.

Tra questi sintomi quello che potrebbe avere le conseguenze più preoccupanti è il brain Fog, che potrebbe causare malattie neurodegenerative, intaccando a livello cellulare e metabolico i tessuti dell’organismo, come il cuore, il fegato e i reni, e in particolare il sistema nervoso.

Abbiamo parlato dei sintomi più diffusi, ma ve ne sono altri, come i dolori al torace, articolari e muscolari, la perdita di capelli, le palpitazioni, la tachicardia, le vertigini, gli acufeni, i disturbi nella deglutizione e le vasculiti, che riguardano una fetta più limitata di persone”.

Esiste una tipologia di pazienti maggiormente esposta ai rischi del Long Covid?

“Un primo fattore di rischio è rappresentato dall’aver contratto il virus in forma grave e acuta. A inizio pandemia, le varianti di Covid-19 erano più gravi rispetto a quelle attuali ed esponevano maggiormente al rischio di sviluppare una forma cronica: con le varianti iniziali Alpha, Beta, Gamma la percentuale era del 47%, oggi con la Omicron siamo al 19%.

Abbiamo inoltre notato uno sviluppo più frequente della sindrome da Long Covid in colore che sono stati ospedalizzati: il 10% di coloro che hanno contratto il virus Covid-19 ha poi sofferto di Long Covid, percentuale che sale all’80% in colore che sono stati ospedalizzati.

Un’altra tipologia di pazienti esposti a un alto rischio di Long Covid sono coloro che mostrano una compresenza di sintomi, ovvero l’associazione dei cinque sintomi principali: la presenza di più sintomi indica senza dubbio che la reazione infiammatoria iniziale è stata più forte e potrebbe perdurare nel tempo”.

Ci sono terapie per il Long Covid? Tra queste qual è il ruolo dell’omeopatia?

“Non esistono delle vere e proprie terapie. Si consiglia il riposo, ma anche lo sport, l’attività fisica e le pratiche di pensiero positivo, oltre a un’alimentazione equilibrata. A queste si dovrebbe affiancare un sostegno psicologico, per elaborare la sospensione prolungata dal lavoro e per la gestione della propria vita e della famiglia. Poi, penso che abbia un ruolo particolare la micro-nutrizione: diversi alimenti che contengono vitamina C, vitamina A, vitamina E, il selenio, i polifenoli e i micronutrienti a base di zinco, vitamina D.

Con l’omeopatia andiamo a trattare i sintomi, con rimedi specifici per il mal di testa, per il disturbo respiratorio, per l’anosmia. L’omeopatia tratta la persona della sua globalità, considerando l’intero contesto, dalla sua storia al momento specifico che attraversa, alle sue pulsioni e alle manifestazioni con cui la malattia si esprime. L’utilizzo del medicinale omeopatico prevede un approccio personalizzato e fornisce un trattamento legato ai sintomi ma anche alla persona nella sua interezza, al fine di aumentare l’efficacia della cura e anticipare l’evoluzione della patologia nel tempo”.

Quindi l’omeopatia può giocare un ruolo importante nella fase di prevenzione del rischio di Long Covid, grazie allo studio della persona nella sua globalità

“Lo studio della persona nella sua interezza è indispensabile per l’omeopatia, perché tutto ciò che avviene è condizionato da una serie di elementi differenti. Se pensiamo ai casi di contagio da Covid, siamo stati e siamo ancora tutti esposti al virus ma non tutti ci siamo ammalati e, tra coloro che hanno contratto il virus, vi sono differenti livelli di gravità”.

Che cosa ci dobbiamo aspettare per i prossimi anni?

“Il Covid, come il Long Covid, sono temi di attualità e, per questa ragione, siamo ancora in una fase di ricerca e ci troviamo a un bivio. Se da un lato si registrano sempre meno casi di Covid in forma acuta e grave, dall’altro dobbiamo prospettarci casi sempre più frequenti e diffusi di Long Covid in quanto non possiamo prevedere cosa avverrà nei decenni a venire a una popolazione che sta invecchiando e che soffre di stress ossidativo. Potrebbero esserci complicazioni cliniche organiche, cardiache, ma soprattutto neurologiche.

Le cause dello stress ossidativo sono molteplici, dal lavoro all’inquinamento, al riscaldamento climatico, ma dobbiamo riflettere per trovare rimedi da un punto di vista alimentare, comportamentale e terapeutico. L’omeopatia può certamente giocare un ruolo molto importante, perché agisce sulla persona nella sua globalità, elemento fondamentale per una patologia cronica come il Long Covid”.