Recentemente ha partecipato alla conferenza internazionale dell’Homeopathy Research Institute (HRI) e al Congresso Mondiale di Salute e Medicina Integrata e World Congress Integrative Medicine and Health (WCIMH). Due opportunità uniche, per ricercatori e medici provenienti da tutto il mondo, per condividere i risultati dei loro studi e, sinergicamente, avviarne di nuovi.

A Londra, per quanto riguarda l’omeopatia e a Roma, per quanto riguarda più in generale tutte le discipline di medicina complementare, sono stati presentati nuovi risultati clinici che confermano l’impatto positivo dei trattamenti complementari utilizzati per ridurre gli effetti avversi di chemio, radio e ormonoterapia sui pazienti oncologici. Da dieci anni a questa parte, sempre più diffusamente, il trattamento omeopatico viene considerato una pratica complementare per la cura degli effetti collaterali che possono derivare dalle terapie antitumorali e che spaventano molti pazienti.

Purtroppo mancano i fondi. La condizione che è emersa da tutte le testimonianze è che gli sforzi di ricerca benché aumentino di anno in anno, non sono supportati a livello finanziario. In alcuni casi gli studi vengono condotti con grandi sacrifici da parte dei ricercatori ma in molti casi non c’è la possibilità di portare a termine gli studi che sono rimasti bloccati dopo la pandemia.

 Se parliamo di centri di eccellenza per l’integrazione delle medicine omeopatiche, l’ambulatorio che dirige in Toscana è sicuramente un caso virtuoso in Italia. Ci può riportare altri buoni esempi a livello europeo?

Sicuramente un punto di riferimento è la Svizzera che, dopo un referendum popolare nel 2009, è stata il primo Paese ad avere inserito le medicine complementari nella propria Costituzione. Questo ha consentito di promuovere diversi sviluppi in termini di offerta sanitaria e di ricerca, permettendo alle strutture presenti sul territorio di utilizzare la medicina antroposofica e l’omeopatia. Parlando di omeopatia per i malati di tumore a Locarno un centro di riferimento è la Clinica Omeopatica Oncologica Santa Croce di Orselina che ha conseguito risultati importanti in termini di miglioramento della qualità della vita di questi pazienti.

Un altro caso europeo è in Austria, a Vienna, dove è stato pubblicato un lavoro di ricerca che mostra come le terapie complementari, possano migliorare la qualità della vita dei malati di tumori ai polmoni e possano influire positivamente anche sulla loro prospettiva di vita, prolungandola rispetto alla media di sopravvivenza.

Poi naturalmente c’è la Francia con due centri molto importanti: a Strasburgo opera Jean Lionel Bagot, un “padre nobile” dell’utilizzo dell’omeopatia in oncologia e a Parigi, l’Institute Raphael, un centro privato per il supporto ai pazienti oncologici.

Ultima ma non per importanza, è l’esperienza tedesca nel comune di Essen, dove il consorzio KIM (Kompetenzen in der integrativen Medizin) raccoglie almeno 20 tra ospedali e strutture sanitarie pubbliche e private, della regione Baden-Württemberg dove viene utilizzata la medicina complementare con successo.

E uscendo dai confini europei?

La medicina omeopatica è molto studiata e utilizzata nei Paesi del Sud del mondo, in particolare in India e in Sud America, soprattutto in Brasile e Messico.

Oltre ai congressi mondiali già citati e più conosciuti, ne esiste un terzo, il WHO Traditional Medicine Global Summit, che si è tenuto in India lo scorso agosto, organizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e al quale hanno partecipato anche il direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus e i ministri indiani del cosiddetto Ministero dell’Ayush, che riguarda medicine e tecniche tradizionali quali l’ayurveda, l’unani, la medicina siddha, lo yoga e l’omeopatia.

In questa occasione, il presidente indiano Narendra Damodardas Modi ha richiamato l’attenzione di tutti i partecipanti del G20 sull’uso delle medicine complementari. Sempre in India, lo scorso anno è stato fondato un centro di ricerca e di coordinamento a Gandhinagar, nel Gujarat, che ha ricevuto ingenti finanziamenti dal Governo Indiano e che dovrebbe aumentare e promuovere ulteriormente la ricerca scientifica in tutti i settori delle discipline integrative.

Torniamo in Toscana. Cosa state facendo?

Attualmente sul territorio toscano esistono 19 centri ambulatoriali pubblici che offrono consulenze e visite di medicina integrata in oncologia e dove le persone con tumori hanno diritto all’esenzione del pagamento del ticket per le prestazioni sanitarie e per i trattamenti integrativi come l’agopuntura.

Nelle strutture regionali impieghiamo una terapia oncologica integrata, ovvero utilizzando i farmaci omeopatici anche insieme alla fitoterapia e all’agopuntura per ridurre e alleviare gli effetti delle cure antitumorali. Ci basiamo su una serie di indicazioni terapeutiche che suggeriscono come ridurre le nausee e il vomito durante la chemioterapia o la cosiddetta radiodermite provocata dalla radioterapia o gli effetti collaterali, le vampate di calore, della terapia ormonale.

Inoltre, esiste un gruppo di lavoro costituito da oncologi e medici esperti in terapie complementari che stanno lavorando per definire i protocolli terapeutici e migliorare il coordinamento della formazione delle diverse pratiche terapeutiche complementari nei diversi centri interessati.

L’ambulatorio di medicina omeopatica del Campo di Marte di Lucca, attivo dal 1998, festeggia i primi 10 anni di attività in ambito oncologico. Durante gli appuntamenti di Londra e Roma, ha illustrato i risultati raggiunti dal 2013 ad oggi. Ripercorriamo insieme le milestones più importanti?

La prima tappa è stata la formulazione di un documento, approvato nel 2010, di revisione di varie pubblicazioni che riguardavano le medicine complementari in oncologia.

Successivamente abbiamo partecipato a una joint action europea, la European Action Against Cancer (EPAAC), per il censimento dei centri pubblici e privati oncologici che offrivano terapie non convenzionali e l’analisi critica della letteratura scientifica in materia. I risultati sono stati pubblicati in una rivista internazionale e in un libro edito in Toscana, nel 2014.

L’anno successivo, la Regione Toscana con la delibera n. 418/2015 ha autorizzato l’uso di alcuni trattamenti di medicine complementari in oncologia. Sempre nel 2015 si è costituito il gruppo di lavoro già citato e attraverso i primi passi di quest’ultimo, siamo arrivati nel 2019 all’approvazione del PDTA, il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale, del tumore mammario che conteneva già molti riferimenti alle medicine complementari. Il 2021 ha visto la pubblicazione del PDTA ‘Medicina integrata per i malati oncologici, praticamente la “summa” di tutte le applicazioni delle medicine complementari per migliorare gli effetti collaterali delle terapie tumorali e la qualità di vita dei pazienti.

La penultima tappa è stato il censimento realizzato tra il 2021 e il 2022, in cui abbiamo rilevato 11.700 prestazioni offerte (seconde visite di follow up, sedute di agopuntura ecc.) nei 19 ambulatori esistenti in Toscana, erogate a circa 2.300 pazienti.

Recentemente, tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 è stato ricostituito il gruppo di lavoro oncologia-medicina complementare che sta attualmente lavorando alla definizione dei protocolli terapeutici e per migliorare il coordinamento della formazione ai medici.

 E ora cosa si aspetta per il futuro, cosa spera e pensa succederà nei prossimi 10 anni?

Quello che ci aspettiamo è di approfondire il lavoro svolto finora, implementando la formazione e il coordinamento dei medici esperti in medicine complementari, migliorando le prestazioni ai pazienti tramite la definizione dei protocolli. Non credo che saremo in grado, perlomeno nell’immediato, di fare passi avanti eclatanti: il post pandemia ha messo a dura prova i finanziamenti per la ricerca clinica. Avendo ottenuto ormai da tempo un buon livello di integrazione, dobbiamo concentrare le risorse disponibili per migliorare la qualità dei servizi offerti.